La facoltà dei sovrani nel concedere Onorificenze

Massimo Scuderi
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Diritti e doveri dei Re spodestati

Secondo gli araldisti la “Fons Honorum” è una prerogativa sovrana, della quale è necessario individuare la natura per potere definire quale sia il valore degli atti compiuti da coloro che ne sono titolari. Infatti, se è vero che non vi sono dubbi sulla validità degli atti compiuti da sovrani regnanti, incertezze ed ombre si addensano sugli atti compiuti da coloro che non lo sono più, ovvero dai loro discendenti. A maggior ragione qualora si tratti di soggetti che affermano discendere da sovrani che hanno regnato in tempi remoti.

Si ricordi che in un momento di grandi incertezze quale è stato quello dell’immediato secondo dopoguerra, quando il Paese ha vissuto il trapasso istituzionale dalla Monarchia alla Repubblica, si sono verificati numerosi illeciti in campo araldico, talvolta vere e proprie truffe, compiuti da presunti discendenti di case ex regnanti, i quali talvolta hanno ottenuto anche pronunce favorevoli da parte di qualche giudice di merito. La chiarificazione di cosa sia il sovrano secondo l’accezione originaria più probabile è questione preliminare alla risoluzione del problema. Infatti, tale precisazione è punto nodale del problema ed è propedeutica alla comprensione della valenza e della natura delle manifestazioni tipiche della sovranità, qual è, appunto, la “fons honorum“. Occorrerà, peraltro, stabilire cosa in effetti sia la “fons honorum” ed in virtù di quali principi essa venga esercitata.

Secondo la dottrina più accreditata, la sovranità, nel suo pieno esercizio, si realizza per mezzo di quattro diritti fondamentali:  “jus impeii“;  “jus gladi“;  “jus maiestatis“;  “jus honorum“. Quando un sovrano viene estromesso dall’esercizio della sovranità su di un territorio senza che abbia compiuto alcun atto di abdicazione o acquiescenza al nuovo ordinamento, subisce in concreto una compressione dei diritti nei quali la sovranità si estrinseca. In particolare, la mancanza del territorio lo priva di fatto dello “jus imperii” e dello “jus gladii“, che conserva, però in “pectore” quale pretendente al trono.

Le altre due manifestazioni della sovranità, invece, vengono conservate nella loro pienezza ed il loro esercizio costituisce la particolare prerogativa sovrana denominata “Fons Honorum“. Questa si trasferisce, ai discendenti, all’infinito in persona del Capo di Nome e d’Armi della Casa, di qui il principio, per cui “Rex non moritur” nel senso di perpetuazione funzionale di tale prerogativa della dinastia.

Ciò deriva dalla concezione per la quale il sovrano esercita la sovranità per grazia di Dio, concetto che deriva dal principio teologico per il quale ogni potestà proviene da Dio e che si ricollega direttamente alla concezione medievale di sovranità e disovrano. Si tratta di prerogative che il sovrano può perdere solo per “debellatio“, cioè quando si sia verificata abdicazione, rinuncia, capitolazione politica o vassallaggio. Esiste, perciò una precisa distinzione fra sovrani debellati e non debellati.

Questi ultimi, avendo soggiaciuto alla detronizzazione violenta o fraudolenta, conservano intatte le prerogative dinastiche, delle quali saranno compresse soltanto “jus imperii” e “jus gladii“. D’altro canto non sembra di potere dubitare del fatto che la sovranità possa essere disgiunta dal territorio. Si pensi, infatti, alla situazione giuridica del Sovrano Militare Ordine di Malta, a quella della Croce Rossa Internazionale, a quella della Santa Sede nel periodo compreso tra il l87O e la firma del Concordato con I’Italia e, in generale, a tutte quelle istituzioni prive di territorio ma a cui la comunità internazionale riconosce la soggettività. In proposito, nella seduta del 14 Febbraio 1951 alla Camera dei Deputati, I’On. Casalinuovo, nella Relazione alla Legge l78/51 in contraddittorio con 1” On. Nasi, affermò che “per quanto riguarda il Sovrano Militare Ordine di Malta, è stata sollevata una questione giuridica, cioè se possa esistere la sovranità senza che esista il territorio su cui esercitarla. A me pare che questo problema possa considerarsi oggi superato poiché di fatto esistono organismi di cui non solo è riconosciuta la personalità giuridica internazionale, ma che hanno anche una sovranità e non esercitano alcun governo di territorio, come ad esempio le Nazioni Unite, la Croce Rossa Internazionale e, una volta, la Società delle Nazioni”.

E’ appena il caso di ricordare che negli ultimi decenni si sono moltiplicati gli organismi che si trovano in una situazione giuridica oggettivamente analoga a quelli citati, per cui il fenomeno tende ad acquistare maggiore spessore. Per meglio intendere in termini del problema è utile, tener presente una considerazione di fondo: il territorio sul quale viene esercitata la sovranità è l’oggetto su cui questa si esercita ed essendo, perciò, ad essa sottoposto non potrà mai identificarsi con la sovranità stessa tant’è vero che qualora si voglia far riferimento alla concezione originaria questa si identificava con la persona del sovrano stesso. Quindi, il territorio è il naturale complemento della sovranità ma non il suo presupposto. Infatti, la presenza di un territorio consentirà alla sovranità di dispiegarsi nella sua pienezza, mentre la sua assenza non potrà inficiare l’esistenza dei poteri sovrani, i quali risulteranno solo compressi nelle manifestazioni ricollegabili al rapporto di sudditanza. Tali considerazioni si riflettono sulla situazione dei monarchi in esilio che siano stati estromessi dai propri domini “vim aut clam“, la cui sovranità potrà nuovamente dispiegarsi allorquando saranno rimosse le cause che diedero luogo alla estromissione.  Eppure la storia ci riconsegna  le gesta  di un  generale che restaurò la monarchia.

Il generale Monck (in foto in un ritratto conservato al National Army Museum di Londra). Durante la guerra civile inglese il generale George Monck militò nell’esercito del parlamento, ribellatosi a re Carlo I Stuart, che poi finì decapitato. Poi fu al servizio della repubblica instaurata da Olivier Cromwell. Ma nel 1660, alla morte di questi, spianò con le truppe al suo comando la strada alla restaurazione monarchica con l’avvento al trono di Carlo II, figlio e omonimo dello sventurato re. Il nuovo sovrano non mancò di ricompensarlo conferendogli il titolo di duca di Albemarle. Monck fu senza dubbio uno di quei personaggi, tutt’altro che rari nella storia, che con una mossa repentina quanto inaspettata seppero cambiare il corso degli eventi, ricavandone peraltro vantaggio. Non a caso il suo nome venne invano citato dagli spodestati Borboni quando accarezzavano la speranza che un altro generale, un tale Bonaparte, potesse diventare il suo omologo francese. Però costui non solo non compì alcuna restaurazione monarchica ma egli stesso si proclamò imperatore. 

Massimo Scuderi

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