María Corina Machado: Nobel alla democrazia che resiste

Elena Grasso
Elena Grasso - EG Communication
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Il Nobel per la Pace 2025 alla leader venezuelana rilancia il dibattito sul senso della democrazia e sul coraggio di difenderla, anche nel silenzio del mondo

La notizia arriva da Oslo, ma parla a tutta l’America Latina: María Corina Machado è la vincitrice del Premio Nobel per la Pace 2025. Una scelta che premia non solo il coraggio personale, ma anche una lunga battaglia politica condotta senza armi, in nome della libertà e della democrazia, contro uno dei regimi più repressivi dell’emisfero occidentale.

Ingegnere, attivista e leader della destra liberale venezuelana, Machado ha dedicato l’intera sua vita alla difesa dei diritti civili nel suo Paese, il Venezuela, oggi stritolato da una crisi economica e umanitaria devastante, causata da un potere autoritario che ha represso ogni forma di dissenso.

Fondatrice dell’organizzazione Súmate, da vent’anni impegnata per elezioni trasparenti e partecipazione civica, e leader del partito Vente Venezuela, Machado ha rappresentato – e continua a rappresentare – una voce instancabile contro la deriva del regime chavista, oggi guidato da Nicolás Maduro. La sua azione politica, svolta spesso in condizioni di estrema pericolosità, è riuscita a ricompattare un’opposizione frammentata, trasformandola in un fronte comune capace di sfidare apertamente il potere.

Il riconoscimento del Comitato per il Nobel arriva in un momento cruciale per il Paese, e premia la sua determinazione nel voler riportare al centro del dibattito internazionale la questione venezuelana, troppo a lungo ignorata dai media e dalla politica internazionale.
Nel comunicato ufficiale, si sottolinea come Machado abbia saputo “resistere alla repressione con fermezza e visione, promuovendo una transizione pacifica verso la democrazia”.

Un premio che divide?

Sebbene l’assegnazione del Nobel a Machado sia stata accolta con entusiasmo da molti esponenti della società civile e delle organizzazioni per i diritti umani, non sono mancate le polemiche. La sua vicinanza politica a esponenti della destra statunitense, incluso l’attuale presidente Donald Trump, ha sollevato interrogativi tra alcuni osservatori. C’è chi si chiede se il premio abbia anche una valenza geopolitica, considerando i delicati equilibri dell’America Latina e i crescenti interessi internazionali nella regione.

Tuttavia, anche i critici riconoscono che la lotta di María Corina Machado è prima di tutto una battaglia per la libertà, portata avanti senza armi, ma con determinazione, passione e un forte senso di giustizia.

Un simbolo per un continente in cerca di libertà

In un’epoca in cui la parola “democrazia” viene spesso pronunciata con leggerezza, è importante ricordare che la pace non è solo una condizione esterna, ma nasce da una convinzione interiore, da una scelta etica. L’ opposizione alla violenza e alla dittatura non può essere solo politica, ma anche morale: “Non basta firmare trattati per avere la pace. Occorre coltivarla nei cuori”.

Con questo riconoscimento, il Nobel per la Pace torna a segnalare l’urgenza di non dimenticare le tante crisi in atto nel mondo, anche quelle meno raccontate. In Venezuela, come in tante altre parti del mondo, la libertà resta un obiettivo, ma la voce di María Corina Machado – e il coraggio di altri che si battono per la verità – rappresentano una speranza concreta per un futuro nuovo, dove la dignità ha un valore e la vita è l’interesse supremo.

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