Una Città pensata dalle Donne: quando la Cura diventa Progetto urbano

Elena Grasso
Elena Grasso - EG Communication
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La riflessione nasce leggendo un articolo pubblicato su AD, firmato da Elena Dallorso, dal titolo: Come sarebbe una città pensata e progettata dalle donne? Lo abbiamo chiesto a sei urbaniste, e le risposte vi stupiranno. Una domanda semplice, ma che spalanca scenari inediti. Perché una città progettata da donne non è solo una variazione sul tema dell’urbanistica: è un cambio di paradigma.

Non si tratta di sostituire il maschile con il femminile, ma di pensare con una lente diversa, più attenta alla vita quotidiana, alle relazioni, al tempo, al corpo. Le sei urbaniste intervistate parlano di una progettazione che nasce dalla cura, dall’ascolto, da esperienze vissute: quelle della maternità, dell’assistenza ai fragili, della necessità di muoversi in spazi che spesso escludono o trascurano.

La città femminile – che non è né sessista né ideologica – è una città che mette al centro le persone, non le infrastrutture. Dove la sicurezza non è affidata a telecamere o controlli, ma alla presenza dei corpi, alla vitalità degli spazi pubblici, alla qualità delle relazioni.

Un esempio concreto è Seestadt-Aspern, a Vienna, un quartiere progettato partendo dall’ascolto delle donne. Un modello urbano dove i bisogni reali – sicurezza, accessibilità, verde, prossimità – diventano criteri strutturali e non optional.

E allora, forse è arrivato davvero il momento di mettere la cura al centro della progettazione. Di riconoscere il valore dell’energia femminile come motore di trasformazione. Dopo secoli in cui le donne hanno esercitato, spesso nell’ombra, il potere silenzioso della cura, è ora che quella sapienza entri nella sfera pubblica.

Non è utopia. È un possibile diverso. Basta cambiare sguardo. E iniziare a progettare con il cuore

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