Giorgio Metta, direttore scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) di Genova, guarda al futuro con una visione lucida e appassionata. In una recente intervista rilasciata a Repubblica, l’ingegnere ha tracciato una mappa del presente e del futuro tecnologico, mettendo in guardia da facili entusiasmi, ma anche sottolineando le immense potenzialità delle innovazioni in corso. In particolare, ha individuato nel quantum computing la prossima rivoluzione destinata a cambiare la nostra vita, aprendo possibilità inimmaginabili fino a poco tempo fa.
“Potrebbe ridisegnare le mappe del potere, del lavoro, dell’economia”, dice, aggiungendo che non è detto che l’impatto sarà negativo, ma sarà sicuramente trasformativo. Le conseguenze sociali, economiche e politiche della diffusione dell’IA sono ancora in gran parte da esplorare.
Metta non nasconde le sue preoccupazioni circa il rischio di esclusione dai benefici dell’innovazione tecnologica. Tuttavia, ritiene che in un sistema democratico sarà inevitabile arrivare a qualche forma di compensazione sociale. “Ci sarà qualche scossone, però dovremmo arrivare a un equilibrio”. Un equilibrio che, se raggiunto, potrebbe rappresentare un’epoca di grandi opportunità per la salute individuale e la cura del pianeta.
All’IIT, spiega Metta, si lavora su due grandi fronti: healthcare e earthcare. Da un lato, lo sviluppo di nuove tecnologie per la salute dell’uomo; dall’altro, la ricerca su materiali sostenibili e soluzioni per l’ambiente. L’obiettivo è duplice: migliorare la qualità della vita e ridurre l’impatto dell’uomo sul pianeta. In ambito sanitario, l’istituto ha raggiunto risultati promettenti: come una nuova molecola, individuata grazie a simulazioni con l’IA, che potrebbe migliorare i sintomi cognitivi in patologie del neurosviluppo come autismo e sindrome di Down.
La robotica resta un pilastro della ricerca dell’IIT. Dalla famosa piattaforma iCub sono nate tecnologie che oggi alimentano protesi robotiche attive — mani, gomiti, ginocchia — capaci di restituire autonomia e funzionalità a chi le indossa. La conferma è arrivata da una competizione internazionale a Zurigo, dove atleti con protesi sviluppate dall’IIT hanno conquistato oro e argento.
Altro esempio significativo è Concert, un robot pensato per operare nei cantieri e nelle infrastrutture. In collaborazione con a.Quantum (gruppo Acea), Concert verrà impiegato per monitorare e costruire reti idriche ed elettriche, contribuendo a una manutenzione predittiva e più sicura per i lavoratori.
L’intelligenza artificiale sta cambiando anche il modo di fare scienza. Secondo Metta, il vero salto sarà la capacità di calcolo, non tanto l’uso generativo dell’IA, quanto l’impiego di modelli in grado di accelerare le scoperte scientifiche. Ed è proprio qui che entra in gioco la prossima, grande frontiera: il quantum computing. Una tecnologia ancora in fase embrionale, ma destinata, secondo il direttore dell’IIT, a rivoluzionare completamente le prestazioni dell’IA, abbattendo tempi e costi e aprendo scenari inediti in campi come la medicina, l’energia e lo spazio.
Ed è a questo punto che si innesta una riflessione fondamentale: non basta che la tecnologia sia potente, deve anche essere giusta.
La tecnologia, per sua natura, è uno strumento neutro: può curare o distruggere, includere o escludere, elevare o schiacciare. La differenza non sta nella macchina, ma in chi la guida. L’intelligenza artificiale, è vero, ha il potenziale per rivoluzionare la qualità della vita, allungarne la durata, creare nuove opportunità sociali e lavorative. Ma solo se sarà governata da menti eccelse e responsabili, animate da un forte senso etico.
Chi progetta, finanzia e implementa tecnologia deve avere a cuore l’umano, la dignità delle persone e l’identità del pianeta. Senza questi riferimenti, ogni innovazione può diventare un rischio. Solo con consapevolezza, valori e attenzione possiamo fare in modo che la tecnologia sia strumento di vita, e non di morte.
Come giustamente osservato, servono silicio, neuroni e passione: la tecnologia, l’intelligenza e il cuore. Ma serve anche una direzione chiara. E quella direzione si chiama etica.