Tra crociate, fortezze e assedi: come un piccolo Ordine militare-religioso trasformò un’isola del Dodecaneso in baluardo dell’Occidente cristiano
Nel cuore del Mediterraneo orientale, tra il XIV e il XVI secolo, Rodi fu teatro di uno dei periodi più epici della storia dell’Ordine di San Giovanni. Dopo la caduta di Gerusalemme e il trasferimento provvisorio a Cipro, i Cavalieri Ospitalieri si trovarono a dover reinventare la propria missione. Fu grazie all’occasione offerta nel 1306 da un avventuriero genovese, Vignolo de Vignoli, che l’Ordine vide la possibilità di stabilirsi nel Dodecaneso. La conquista di Rodi, completata nel 1310, aprì la loro “epoca d’oro”.
Rodi divenne non solo una base militare strategica ma anche simbolo della cristianità resistente. L’Ordine si riorganizzò in Lingue (compagini nazionali), costruì una possente fortezza e sviluppò una temibile flotta. Gli attacchi musulmani furono numerosi, ma sempre respinti: da Cos ad Amorgo, passando per le incursioni turche del 1320, i Giovanniti dimostrarono un coraggio e una resistenza straordinari.
Il culmine arrivò con l’assedio del 1480, quando Maometto II, il conquistatore di Costantinopoli, tentò invano di espugnare l’isola. Ancora più drammatico fu l’assedio del 1522, quando Solimano il Magnifico, dopo sei mesi di battaglie e migliaia di morti, ottenne la resa dei Cavalieri. Ma fu una resa onorevole, concessa con rispetto e ammirazione persino dal sultano.
Senza più una patria, i Cavalieri lasciarono Rodi il 10 gennaio 1523, portando con sé una sola bandiera: bianca, con l’immagine della Vergine e la scritta “Afflictis tu spes unica”. Era la fine di un’epoca gloriosa, ma non la fine dell’Ordine. Da lì, i Cavalieri avrebbero intrapreso un nuovo cammino… verso Malta.
Questo periodo storico rappresenta non solo l’apice militare dei Cavalieri di San Giovanni, ma anche un simbolo di dedizione, sacrificio e resistenza davanti all’abbandono politico dell’Occidente. Un’eredità che ancora oggi sopravvive nella memoria europea.