Sembra una sera come tante, ma non lo è. È il 9 agosto, la notte in cui il cielo si apre come un antico scrigno, e le stelle cadenti solcano l’oscurità con la leggerezza dei desideri. C’è qualcosa nell’aria che cambia: una vibrazione sottile, quasi impercettibile, che mette in sintonia le anime, come se finalmente potessero riconoscersi.
In ogni angolo del paese, della città, della costa, si vedono persone fare qualcosa: discutono, si organizzano, preparano. Tutti, in qualche modo, partecipano a un rituale collettivo, come se volessero rendere perfetta questa notte. E nell’aria, qualcosa si fa più chiaro, più nitido — come un messaggio divino che sussurra: l’amore è più forte della morte, e che ogni cosa, il Tutto, è qui, adesso, nel presente.
È una sensazione potente, che avvolge i cuori proprio la notte del 9 agosto. Persino i più solitari, quelli abituati a stare in casa, si lasciano attrarre dal richiamo della festa. Ed è allora che l’umanità si mostra in tutta la sua meravigliosa diversità: si vedono i “tipi strani” fianco a fianco con chi segue le mode, il popolo delle sagre accanto agli amanti della notte, gli spiriti liberi insieme a chi vive normalmente nell’ombra.
Tutti insieme, in un’unica, grande babele di lingue e accenti, di risate e canti. Ed è proprio in questa mescolanza che si intravede una nuova via: un modo diverso di stare al mondo, fondato sull’accettazione, non sulla discriminazione. Perché è anche questo il bello dell’umanità: la sua varietà. Ognuno con la sua specificità.
E così, vedi il tipo con un passo incerto, magari zoppicante, che parla animatamente con un amico ritrovato lungo il mare; vedi il cantante popolare sul palco della sagra del pesce, eccitato dagli applausi, che si carica a ogni nota; vedi il pescatore, per una sera lontano dalla solita routine, guardare con occhi diversi il suo paese vestito a festa. E poi gli operai in ferie, le donne in fila per la tanto attesa frittura, e il venditore di calia – come si dice in Sicilia – che canta, balla e vende noccioline, come da tradizione.
È questo, e molto di più, la notte di San Lorenzo: la notte delle stelle cadenti, la notte in cui tutto è possibile. Una notte in cui qualcosa riflette la luna piena con un bagliore misterioso ma promettente. Forse è un presagio. Forse è l’inizio di qualcosa di nuovo — o di qualcosa di antico che finalmente ritorna.
Una rotta che cambia. Un nuovo modo di essere. Una festa che ci ricorda, almeno per una notte, che siamo tutti esseri infiniti.
Elena Grasso