Estate 2025: tra Rifiuti e Incuria, ora la parola alla Terra

Elena Grasso
Elena Grasso - EG Communication
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Con l’arrivo dell’estate, puntuale come ogni anno, si riaccende il dibattito sull’inciviltà che invade spiagge e strade affollate di turisti. Le immagini parlano chiaro: un fiume di rifiuti si riversa lungo le coste italiane dopo le giornate di mare. Resti di cibo, carte unte, bottiglie vuote, pacchetti di sigarette, plastica ovunque. Tutto ciò che serve a trascorrere qualche ora di relax sotto il sole viene poi abbandonato sulla sabbia, come se il mare fosse un contenitore senza fondo, pronto ad accogliere ogni scarto.

Il problema è che il mare non è solo acqua. È vita. E questa vita viene soffocata da una quotidiana dose di incuria e maleducazione. E la Terra, nostra Madre, ne è cosciente. Il figlio a cui ha donato ospitalità, bellezza e abbondanza, non è grato, anzi, la sfrutta, la violenta, la tratta come un oggetto su cui sfogare rabbia, frustrazione, disinteresse.

Viviamo su un pianeta vivo, che respira, che reagisce. Ma l’uomo, in questo tempo confuso, sembra sempre più distante da una coscienza collettiva che lo leghi alla natura. L’umanità è connessa, sì — ma a internet, ai social, non al mondo reale. L’empatia si dissolve, il rispetto evapora. L’Altro — che sia un altro essere umano o un albero, un animale, una montagna o il mare — non è più considerato degno di attenzione.

La frase simbolo di questa deriva è: “Tanto poi puliscono.” Così si giustifica chi butta una lattina sulla sabbia, chi lascia sacchetti nei parchi, chi abbandona i mozziconi tra gli scogli. Siamo diventati figli capricciosi, in attesa costante che qualcuno venga a risolverci i problemi. Un comportamento che rivela una profonda disumanizzazione, un’arroganza travestita da indifferenza.

Eppure ci lamentiamo quando la natura “si ribella”, quando arrivano le alluvioni, i terremoti, gli incendi. Quando Madre Natura si scuote, ferita, e lascia dietro di sé vittime. Ma lei non ci odia. Nonostante tutto, ogni giorno ci regala meraviglie: albe dorate, tramonti infuocati, l’acqua che beviamo, l’aria che respiriamo.

Il punto è uno solo, ed è un grido che dovrebbe risuonare in ognuno di noi:
Restare umani.
Restare umani e sentire amore per la natura.

Perché senza rispetto, senza empatia verso ciò che ci circonda, non c’è futuro. E se non lo capiamo ora, forse lo capiremo troppo tardi.

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