Il Brasile si avvia verso una regolamentazione più rigida delle piattaforme digitali, ma Google esprime forte preoccupazione, temendo che la nuova linea imposta dalla Corte Suprema possa trasformarsi in una forma di censura mascherata.
La svolta è arrivata quando la Corte Suprema Federale (STF) ha raggiunto la maggioranza per considerare le Big Tech responsabili dei contenuti pubblicati dagli utenti. Una decisione che cambia radicalmente l’approccio alla moderazione online nel Paese sudamericano e potrebbe avere ripercussioni globali.
Google: “Serve chiarezza, ma attenzione ai rischi”
Durante un incontro informale con la stampa a Rio de Janeiro, Kent Walker, presidente degli Affari Globali di Google, ha espresso sostegno a regole chiare per la rimozione di contenuti, ma ha criticato l’idea che sia il potere giudiziario a decidere caso per caso cosa debba essere eliminato dalle piattaforme.
“Se parliamo di contenuti che incitano alla violenza, che rappresentano una minaccia alla democrazia o ai minori, siamo di fronte a categorie ben definite. Ma la proposta in discussione è molto più vaga. E come si sa, il diavolo si nasconde nei dettagli”, ha dichiarato Walker.
Una novità a livello globale
Walker ha inoltre sottolineato che nessun altro Paese ha ancora adottato un modello simile, che obbliga direttamente le piattaforme a farsi carico di ogni contenuto pubblicato dagli utenti. Il rischio concreto, secondo il dirigente, è che le aziende diventino eccessivamente prudenti, arrivando a limitare la circolazione di opinioni legittime per evitare controversie legali.
“In un contesto simile – ha aggiunto – anche post controversi ma non illeciti potrebbero essere rimossi per eccesso di cautela. Questo va a discapito del dibattito pubblico e della libertà di espressione”.
Una legge in bilico tra controllo e libertà
La decisione della Corte Suprema brasiliana arriva in un momento in cui molti governi stanno cercando di bilanciare la libertà digitale con la necessità di contrastare disinformazione, odio online e contenuti pericolosi. Tuttavia, il confine tra regolamentazione e censura è sottile, e il caso brasiliano potrebbe diventare un precedente delicato a livello internazionale.
Secondo molti analisti, se da un lato responsabilizzare le piattaforme è un passo necessario, dall’altro la mancanza di parametri oggettivi e l’intervento giudiziario diretto rischiano di mettere a repentaglio l’equilibrio tra tutela dei diritti e controllo dell’informazione.
Il confronto resta aperto e destinato a intensificarsi. Le Big Tech chiedono norme chiare e applicabili, ma temono di trasformarsi in arbitri assoluti del dibattito pubblico. Intanto, il Brasile diventa un campo di prova per quello che potrebbe essere il futuro della governance globale dell’informazione online.