L’investitura cavalleresca nella Confederazione Internazionale dei Gran Priorati Autonomi OSJ Knights of Malta: un gesto, una fiamma, una missione

Elena Grasso
Elena Grasso - EG Communication
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C’è un momento, solenne e antico, in cui la tradizione si fa simbolo e il gesto diventa luce: è l’istante in cui il Gran Maestro della Confederazione Internazionale dei Gran Priorati Autonomi OSJ Knights of Malta, S.E. dottor Giuseppe Madia, appoggia la spada sulla spalla del nuovo cavaliere. Un atto che affonda le sue radici nei secoli, e che ancora oggi — come avvenuto lo scorso ottobre a Cefalù (Pa) — conserva una potenza silenziosa, sacra, quasi mistica.

Ma cosa accade davvero in quell’istante?

Non è solo un tocco. È un passaggio. È una soglia.
Come un fiammifero che, consumandosi, accende una candela.

La spada del Gran Maestro non è un’arma, ma un innesco. È il primo fuoco. Rappresenta l’effimero che dà vita all’eterno, il gesto che si consuma in un attimo ma che accende un impegno destinato a durare tutta la vita. In quel gesto si cela l’essenza della vocazione cavalleresca: nascere per illuminare, servire, proteggere. Essere fiamma nel buio.

Come racconta con delicatezza un piccolo dialogo simbolico:

— Oggi ti accenderò —disse il fiammifero.
— No! Se mi accendi, mi consumerò… —rispose la candela.
— Ma siamo stati creati per questo —ribatte il fiammifero.
— La mia fiamma è piccola…
— Ma se me la passi, avrò compiuto il mio scopo.

Così è il cavaliere. Come la candela, può temere l’accensione, perché accendersi fa male. Perché donarsi significa anche consumarsi. Ma è proprio in quel dono, in quella luce che nasce dal sacrificio, che si manifesta il vero senso della missione cavalleresca. Non brillare per sé, ma per illuminare la strada degli altri, soprattutto dei più fragili.

Nell’Ordine della Confederazione Internazionale OSJ Knights of Malta, la cavalleria non è solo onore o titolo. È responsabilità. È servizio. È fedeltà a un ideale di carità e giustizia che non si esaurisce nell’investitura, ma che proprio lì comincia — nel momento stesso in cui la spada accende la fiamma.

Essere cavaliere oggi significa attraversare una soglia simbolica tra l’oscurità dell’inerzia e la luce dell’azione. Significa scegliere ogni giorno di esserci. Di stare accanto a chi soffre. Di scegliere la luce, anche se fa male. Di consumarsi, se questo può scaldare, guarire, consolare.

Perché, come ci ricorda il piccolo racconto, “siamo stati fatti per illuminare”.

E anche se il mare non è sempre calmo, anche se il cuore a volte si spezza, è proprio in quei frammenti che entra la luce.
Brillare non è un vezzo. È un dovere. È un atto d’amore.

E se qualcuno si lamenta del bagliore… che si copra gli occhi.
Noi, continueremo a servire.

Perché ogni cavaliere vero è una candela accesa.
E ogni fiammifero che si spegne ha compiuto il suo scopo.

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