Negli ultimi anni, si è parlato spesso del Marsili, il più grande vulcano sommerso d’Europa e del Mediterraneo, come di un possibile pericolo nascosto sotto le acque del Mar Tirreno. Alcuni articoli sul web parlano addirittura di un rischio tsunami legato a possibili frane catastrofiche del suo fianco. Ma cosa sappiamo davvero di questo vulcano? Esiste un pericolo concreto? Facciamo un po’ di chiarezza con l’aiuto dei dati ufficiali dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV).
Il Marsili è un vulcano sottomarino situato nel Mar Tirreno meridionale, a circa 150 km dalla costa calabrese. È il più grande vulcano sottomarino d’Europa, lungo circa 70 km e largo una trentina. La sua sommità si trova a circa 500 metri sotto il livello del mare.
Il Marsili è considerato un vulcano attivo. Ma attenzione: “attivo” non significa che sta per eruttare o che rappresenta un pericolo imminente. Significa semplicemente che in passato ha avuto eruzioni (le due più recenti circa 5000 e 3000 anni fa) e che oggi presenta alcuni segnali di attività, come piccoli terremoti superficiali e la fuoriuscita di gas dal fondo marino.
Queste attività non sono insolite per un vulcano sottomarino e non indicano necessariamente che ci sarà un’eruzione. Inoltre, si tratta di un’attività molto più tranquilla rispetto a quella di vulcani come l’Etna o il Vesuvio.
Sul fatto che esista un rischio tsunami, questa è una delle domande che più preoccupano l’opinione pubblica. L’ipotesi che una grande frana (un “collasso laterale”) del fianco del vulcano possa causare uno tsunami è, al momento, considerata poco probabile dai ricercatori.
Dalle analisi condotte finora non risultano segni di grandi frane nei 700.000 anni di storia del Marsili. Alcuni piccoli cedimenti del fondale marino sono stati rilevati solo nel settore centrale del vulcano, ma coinvolgono quantità minime di materiale (molto inferiori a 1 chilometro cubo), insufficienti a generare uno tsunami.
In caso di eruzione, gli effetti in superficie sarebbero molto limitati. A quelle profondità (tra i 500 e i 1000 metri), un’eruzione provocherebbe soltanto la risalita di gas e materiale leggero, come le pomici, che galleggerebbero in mare per qualche settimana. Non si prevede alcun impatto significativo né per le coste né per le persone, se non una temporanea deviazione delle rotte navali.
“Non conosciamo ancora con precisione la frequenza con cui il Marsili erutta – afferma Guido Ventura (INGV) – perché abbiamo pochissimi dati storici (solo quattro datazioni certe). Per fare un paragone, è come se del Vesuvio conoscessimo solo due eruzioni e cercassimo di prevedere i futuri eventi da quelle sole informazioni. È evidente che servono più studi, più analisi e più tempo per comprendere davvero questo gigante sommerso”.
Gli scienziati dell’INGV sottolineano l’importanza di continuare a monitorare il Marsili e raccogliere nuovi dati, soprattutto sulla stabilità delle sue pareti, sull’attività sismica e sulla possibile presenza di gas. Solo così sarà possibile valutare con maggiore precisione eventuali rischi futuri, anche se, ad oggi, non ci sono segnali concreti di pericoli imminenti.
Il Marsili è un vulcano affascinante e misterioso, ma non è un “mostro marino” pronto a esplodere. La scienza, per ora, non indica scenari catastrofici legati a questo vulcano. È però fondamentale continuare a studiarlo, perché conoscere il nostro territorio – anche quello sommerso – è il modo migliore per convivere in sicurezza con la natura.
In un’epoca in cui le notizie si diffondono rapidamente e spesso in modo allarmistico, è importante affidarsi a fonti scientifiche serie e non lasciarsi guidare dalla paura, ma dalla conoscenza.










