Los Angeles: le vittime e le perdite di uno degli Incendi più devastanti della storia

Elena Grasso
Elena Grasso - EG Communication
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Si tratta di uno degli incendi più devastanti della storia americana. Fino a lunedì 13 gennaio il bilancio delle vittime era di 24 con una situazione climatica che si prevedeva in netto peggioramento a causa dei forti venti che minacciavano parte delle contee di Los Angeles e Ventura, almeno fino a mercoledì 15 gennaio. I dati sono disarmanti: oltre 153.000 i cittadini americani evacuati, 13 persone disperse e più di 14.000 ettari in fumo, insieme ai sogni di tante persone che lì avevano costruito sogni, progetti e impiantato radici.

Come l’imprenditore italiano Umberto Ferri che vive da 18 anni a Los Angeles dove aveva realizzato il suo sogno americano, la catena di locali “Transilvania”, e che fino a un paio di giorni fa viveva a Pacific Palisades, dove il fuoco, alimentato dal vento che soffiava a 100 km/h non ha lasciato scampo nemmeno alla sua villa che in pratica non esiste più.

Ignote ancora le cause degli incendi che hanno devastato la California e Los Angeles, ma nessun dubbio sulle conseguenze che risultano devastanti, come nessun dubbio sulle condizioni climatiche che hanno reso più difficili i soccorsi. In quei giorni su tutta l’area interessata dai roghi imperversava il cosiddetto fenomeno del “fire weather” che ha avuto un ruolo determinante nel peggiorare la situazione. Questo termine si riferisce a una combinazione di fattori atmosferici che, insieme alle condizioni climatiche generali della zona, hanno contribuito a creare un ambiente particolarmente favorevole alla propagazione degli incendi.

Il “fire weather” si verifica quando si combinano temperature molto elevate, bassa umidità e venti forti. Questi fattori creano un’atmosfera estremamente secca e instabile, ideale per alimentare le fiamme. In un contesto già di per sé critico, come quello di Los Angeles, che da anni affronta periodi di siccità prolungata e un caldo intenso, il “fire weather” ha avuto un effetto devastante.

Quando il “fire weather” entra in gioco, la velocità con cui un incendio può svilupparsi e diffondersi aumenta drasticamente. I venti forti, ad esempio, possono trasportare le fiamme su vaste distanze in tempi molto brevi, rendendo difficile il controllo del rogo. La bassa umidità, d’altra parte, impedisce che la vegetazione possa trattenere l’umidità necessaria per resistere al fuoco.

I cosiddetti venti di Santa Ana hanno rappresentato una sorta di acceleratore dei roghi. Si tratta di venti forti e secchi, e quando soffiano attraverso le montagne e le valli della California meridionale, il loro effetto risulta amplificato. L’aria che discende dalle montagne si riscalda e si asciuga ulteriormente, creando un ambiente ideale per alimentare le fiamme. Questi venti, che possono raggiungere anche velocità di 80 km/h o più, sono in grado di trasportare le braci accese su lunghe distanze, causando incendi spontanei in zone che altrimenti sarebbero rimaste indenne, complice anche la topografia montuosa dell’area, che crea correnti d’aria che favoriscono la propagazione del fuoco. Ciò rende le operazioni di spegnimento ancora più difficili, poiché i pompieri devono fronteggiare incendi che si sviluppano rapidamente su fronti ampi e che si spostano velocemente in direzioni imprevedibili.

Le indagini in corso puntano il dito sulla rete elettrica come causa principale dei roghi, mentre si cerca un capro espiatorio che giustifichi l’atto doloso. E ovviamente, come sempre c’è chi grida al complotto. Secondo indiscrezioni, sarebbe stata una certe elitè californiana a “volere” gli incendi per ricostruire una città supertecnologica, mentre altri, tra cui Elon Musk ritengono che la Capa dei Vigili dl Fuoco di Los Angeles avrebbe in questi anni dato priorità alla Diversity e alle campagne di inclusione di genere, piuttosto che implementare le condizioni che potevano arginare gli incendi.

Donald Trump ha incolpato il governatore Gavin Newsom, accusandolo di non aver firmato una presunta dichiarazione per ripristinare il flusso di acque nella California, affermando che questo avrebbe potuto prevenire gli incendi. Tuttavia, esperti e l’ufficio di Newsom hanno smentito l’esistenza di tale dichiarazione, suggerendo invece di concentrarsi sui problemi reali.

Altri, come su TikTok, hanno legato gli incendi al caso di Sean “Diddy” Combs, avanzando teorie su tunnel segreti e distruzione di prove. Inoltre, su social media come Facebook e Instagram, alcuni hanno messo in relazione gli incendi ai tagli al budget dei vigili del fuoco, ma le autorità locali hanno respinto questa versione, spiegando che i tagli non hanno influito sulla risposta agli incendi.

Anche Mel Gibson, noto attore e regista, ha avanzato una teoria in merito agli incendi devastanti che hanno colpito Los Angeles, e che hanno causato anche la perdita della sua villa a Malibù. Durante un’intervista con la giornalista Laura Ingraham di Fox News, Gibson ha espresso dubbi sulle circostanze che hanno scatenato le fiamme. Ha sottolineato l’assenza di acqua, le condizioni di vento ideali e la presenza di persone capaci di appiccare incendi come elementi che lo hanno fatto riflettere su un possibile intervento umano. Gibson ha parlato di come, di fronte a tragedie come queste, sia difficile non chiedersi se ci sia uno scopo nascosto dietro l’accaduto.

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