Le responsabilità del nostro Servizio Sanitario: un bilancio necessario

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Ormai da molte legislature chi sta male  non sempre può curarsi. E chi è in ospedale non riceve la più corretta assistenza, come riporta la cronaca di questi giorni per una signora di 76 anni che è morta in una corsia di ospedale dopo otto giorni di attesa di un posto letto. Già, un posto letto!

Dunque il servizio sanitario non garantisce il ricovero ed è un caso non eccezionale quanto piuttosto ripetitivo nel tempo. Un pensiero che si amplifica durante ricorrenze, come il Natale, che vivono di calore familiare e di quella solidarietà i cui significati abbiamo deviato.

Per quanto il solidum nell’Ottocento sia stato associato alla fratellanza, va ricordato che deriva dal latino solidum formalizzato nell’espressione del diritto romano  solidum obligari, l’ “obbligazione in solido” che impegna a pagare gli uni per gli altri, con beneficio di  tutti.  Sono le tasse che abbiamo il dovere di versare quali contributi che lo Stato traduce in erogazione di servizi per tutti, sono il modo solidale di ciascun cittadino italiano che,  come in una grande famiglia che deve governarsi,  contribuisce a far sì che tutti ricevano i servizi fondamentali.  

È anche il tema delle tutele che la Repubblica Italiana all’art. 32 della Costituzione deve garantire, eppure la salute è una attuale complessa emergenza, prodotto di un tempo che non ha trovato, o saputo trovare, le forme istituzionali solidali più idonee ai diritti del ben-essere fisico e mentale dell’individuo  e al ben-essere sociale nell’interesse della collettività.

Se gli indigenti in particolare ne soffrono non si tratta solo di monetizzare quanto piuttosto del come organizzare il bilancio per restituire dignità dovuta ai tanti.  

Dai dati registrati e presentati a Roma lo scorso 8 ottobre 2024 presso la Sala Capitolina del Senato della Repubblica, nel 7° Rapporto sul Servizio Sanitario Nazionale emergono drammatiche criticità a partire dal fatto preoccupante per cui quasi 4,5 milioni di persone nel 2023 hanno rinunciato alle cure e di questi sono ben 2,5 milioni non si curano per motivi economici.

Sono davvero tanti. Troppi. Dietro ogni numero la sofferenza di un cittadino offeso che non ha un’altra vita da recuperare.

Di certo pesa la spesa sanitaria pubblica, forse non sufficientemente equilibrata se sulle famiglie grava un costo medico in aumento del +10,3%, oppure eccessiva in alcune voci sulle quali occorrerebbe intervenire con buon senso e forse anche con la logica dello spending review. Detto in inglese sembra altro eppure è solo la  revisione della spesa pubblica in un processo volto a migliorare l’efficienza e l’efficacia della spesa pubblica che passa inevitabilmente dall’eliminare gli sprechi. Gli sprechi sono una spesa in bilancio che assorbe troppe risorse, una scelta non giustificabile. Quando si deve garantire un modello di SSN sostenibile e efficiente, una sanità  equa e universale, non è una scelta possibile perché prioritariamente va sostenuto il dovere inderogabile di dare corpo ai diritti inviolabili.

Per altro, la sostenibilità del SSN deve tener conto della realtà ambientale, economica e sociale e delle sue modificazioni locali e oltre. Comprende non solo la cura quanto anche la ricerca, la prevenzione e stili di vita sani, con le implicazioni che ormai sappiamo essere derivanti da acqua, clima e salubrità.

La povertà e i difetti ambientali ne sono elementi condizionanti in una complessa interdipendenza: non può garantirsi salute nella povertà, la povertà è anche assenza di lavoro o di stipendi equi che consentano sana nutrizione, acquisto di medicine e cure adeguate, né la sana nutrizione può garantirsi in un ambiente malato che inquina acqua, aria, terra e mare. Quando manca l’approccio One Health di una prospettiva integrata e sistemica, la condizione si aggrava.

La logica settoriale non può più garantire da un lato e dall’altro non ci sono ancora reti di intenti e chiare co-azioni specie se consideriamo che l’erogazione dei servizi sanitari pubblici è stata affidata anche ad attori privati perdendo l’unitarietà della governance e sacrificando in sostanzala centralità del pubblicoservizio per il quale il cittadino è tassato.

Un dialogo tra interessi del pubblico e dei privati che stenta gravato anche dalla variabile politica dei governi.

Risultano duramente compromessi equità e universalità del servizio sanitario, le cronache lo testimoniano, anche tra i livelli regionali e distrettuali di governo.

Maria Frisella

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