Con il mese di Gennaio entriamo ufficialmente nell’anno 2025, un anno che a detta degli esperti sarà complesso dal punto di vista globale, ma anche un anno di cambiamenti positivi che riflettono il risveglio delle coscienze individuali. Al di là dei pronostici, una cosa è certa: dopo Gennaio ci sarà Febbraio e poi Marzo e così via, e di nuovo ci sarà il susseguirsi dei mesi, delle stagioni e dei giorni. Qualcuno afferma che il tempo e che la sua durata dipende dal vissuto interiore di ognuno; tuttavia, gli uomini, sin dai tempi più remoti hanno dovuto classificare il tempo e dargli una scansione dividendolo in mesi, settimane e giornim una sorta di orologio che regolarizza dei cicli e contribuisce a dare un assetto alla presenza dell’uomo sulla terra. Ma ci siamo mai chiesti perché i mesi si chiamano così e qual è il significato intrinseco di ognuno di essi?
In questo articolo esploreremo le origini del calendario e il perché i mesi portano determinati nomi e non altri. Il Calendario non è stato sempre così come lo conosciamo. Prima della sua introduzione nel 1582, ad opera di Papa Gregorio XIII (per questa ragione si chiama anche calendario gregoriano), l’anno, secondo la scansione temporale stabilita da Giulio Cesare, veniva ripartito in due periodi: l’inverno di 60 giorni, e un lungo periodo di 304 giorni, suddiviso in 38 settimane e 8 giorni, di cui 7 giorni erano dedicati al lavoro nei campi e 1 giorno alle celebrazioni religiose e al mercato (dies nundinarum). Le settimane erano raggruppate in mesi della lunghezza di 30 giorni (cavi menses) o di 31 giorni (pleni menses), partendo da Marzo (31 giorni), Aprile (30 giorni), Maggio (31 giorni), Giugno (30 giorni), Quintilio (31 giorni), Sestilio (30 giorni), Settembre (30 giorni), Ottobre (31 giorni), Novembre (30 giorni), Dicembre (30 giorni).
Ma c’era un motivo per cui i mesi portavano quei nomi, motivo per cui ancora oggi i mesi dell’anno conservano il proprio nome di derivazione romana. Inzialmente Gennaio e Febbraio non c’erano perché i romani consideravano l’inverno come una sorta di periodo di transizione, al quale non era opportuno dare nemmeno un nome. Fu Numa Pompilio a introdurli.
Il primo di tutti è Gennaio, il re dei mesi, colui che lascia alle sue spalle un ciclo e ne inaugura un altro, un passaggio insomma; per questa ragione Gennaio deve il suo nome a Giano, il dio romano protettore dei ponti e degli inizi.
Poi viene Febbraio, dal verbo latino februare, che significa purificare. Non a caso la radice febr è la stessa di febbre, che appunto è la condizione per cui il corpo umano attraversa per combattere gli agenti patogeni estranei. Marzo invece è il mese della rinascita, da Marte il dio della guerra ma anche protettore della natura e dei raccolti che avvengono in quel periodo.
Di Aprile invece la natura è incerta: per alcuni il suo nome deriverebbe dall’etrusco Apro, con cui veniva chiamata Afrodite, dea dell’amore e della bellezza, per altri invece dal latino aperire (aprire), ovvero l’atto con cui sbocciano i fiori.
Il mese di Maggio per noi è dedicato alla Vergine Maria ma prima dell’avvento del Cristianesimo, il suo nome deriva da Maia, l’antica dea della fertilità.
Giugno invece dice “Giunone”, la sposa di Giove e protettrice del matrimonio, tanto che ancora oggi questo è il mese più ricercato per convolare a nozze. Giugno apre ufficialmente le porte all’estate. Prima di essere chiamato così, per via di Iulius, Giulio Cesare appunto, colui che introdusse il calendario, Luglio veniva denominato Quintilis.Originariamente, agosto era conosciuto con il nome di Sextilis, ma fu successivamente rinominato in onore di Ottaviano Augusto, il primo imperatore di Roma, per motivi celebrativi.
Settembre prende il suo nome dal fatto che era il settimo mese nel calendario romano antico, così come ottobre, che era l’ottavo, novembre, il nono, e dicembre, il decimo.
Di sicuro i nomi dei mesi riflettono l’influenza della storia sulle nostre tradizioni e usanze, e persino nel modo di concepire il tempo, che tuttavia quel tempo soggettivo che informa il nostro vissuto, lo guida a volte in un perenne presente che in apparenza scorre.
Elena Grasso