Il 31 dicembre ha termine il 2024 e per qualcuno sarà una fortuna in più.
Già, è stato un anno bisestile collegato a quel giorno in più addebitato a febbraio che ha contato 29 giorni e nell’immaginario collettivo “Anno bisesto, anno funesto” è una credenza diffusa per quanto non abbia supporti scientifici se non qualche deduzione che ha fatto storia.
Il giorno in più serve a recuperare lo “scarto annuale” che si genera in quanto la Terra impiega 365,24219 giorni per ruotare sul proprio asse intorno al Sole.
Era stato previsto già nel 46 a.C. da Caio Giulio Cesare ma allora corrispose al 24 febbraio, “sexto die ante Calendas Martias”, sesto giorno prima delle Calende di marzo, poi detto bis sexto die.
Fu il 29 febbraio nel 1582 con Papa Gregorio XIII e diventò ordinario, pur nella straordinarietà, che fossero bisestili gli anni secolari divisibili per 400 e quelli non secolari divisibili per 4.
I Romani lo ritenevano tale perché il mese di febbraio era il Mensis Feralis, ovvero il mese dedicato ai defunti, associato alla morte e alla fine dei cicli della natura. Allungarlo di altre 24 ore non poteva che aumentare un periodo già nefasto per certi aspetti riverberandolo sull’intero anno! Strane fantasie che si contraddicono: i pastori scozzesi e i russi nutrono diffidenza per gli anni bisestili, i primi ritenendoli dannosi per il loro bestiame e i secondi perché portatori di eventi meteorologici imprevedibili e sconvolgenti mentre nei Paesi anglosassoni il 29 febbraio è un giorno fortunato.
Il fatto è che l’uomo ha sempre guardato con meraviglia i pianeti e i loro sistemi, stupiti dalla natura e dai suoi tempi celebrati in periodi annuali.
Era il 2000 a.C. quindi più di 4000 anni fa, e a Babilonia in Mesopotamia era la festa di akitu che segnava il nuovo anno all’apparire della luna nuova successiva all’equinozio di primavera, a metà marzo.
Per Assiri, Egiziani, Fenici e Persiani, l’inizio dell’anno si contava dal 21 settembre con la luna nuova più prossima all’equinozio d’autunno. Per i Romani dall’originario primo marzo l’inizio dell’anno fu spostato al primo gennaio nel 153 a.C. e rimase così nel calendario giuliano del 46 a.C.
Nel medioevo l’Europa cristiana faceva coincidere l’inizio dell’anno con il giorno dell’Annunciazione il 25 marzo. A Venezia fino alla sua caduta nel 1797 era il 1° marzo, in Puglia, in Calabria e in Sardegna lo si festeggiava seguendo lo stile bizantino che lo indicava al 1° Settembre. L’Inghilterra lo celebrò il primo gennaio solo quando Guglielmo il Conquistatore decise così ma fu solo una parentesi perché alla sua caduta, il capodanno ritornò al 25 marzo.
La riforma gregoriana fu adottata gradualmente, in Scozia nel 1660, in Germania e in Danimarca nel 1700, in Inghilterra nel 1752 e in Russia nel 1918 eppure in molte culture il capodanno lunare si celebra in date diverse dal primo gennaio.
Nel calendario ebraico l’anno inizia con Rosh Ha – Shana, il primo giorno del mese di Tishri, che cade tra il 6 settembre e il 5 ottobre.
Nel calendario musulmano, composto da 354 giorni, inizia con il mese sacro di Muharram, il mese di Allah swt, denso di significati religiosi e storici. Ricorda la Hijra, l’emigrazione dei musulmani a Medina e l’istituzione del primo stato islamico nel 622 d.C. Sacro a buon diritto quindi e nessun altro mese riceve un tale onore ivi compreso il fatto che le buone azioni compiute in questo mese sono maggiormente ricompensate e le cattive diventano trasgressioni ancora più gravi.
I Tibetani e i Thailandesi lo celebrano in periodi diversi dell’anno, al solstizio d’inverno o a marzo o aprile, in Giappone le festività durano dal 1° al 3 gennaio.
Dovunque ci troviamo è confortante pensare che nel mondo siamo insieme comunque nel stesso momento in cui esplodono le inevitabili emozioni tra ciò che è trascorso e nuovi propositi. L’accaduto che non concede più alternative e la speranza.
Magie del pensiero alle quali leghiamo tradizioni a supporto, riti, luci e fragori sonori con fuochi d’artificio o l’arrivo della sfera luminosa Ball Drop a New York allo scoccare della mezzanotte, o i 108 rintocchi del gong del tempio buddista tanti quanti i peccati commessi nel vecchio anno che vengono cancellati con l’avvento del nuovo.
Ecco allora allo scoccare della mezzanotte in Italia le lenticchie per la prosperità, in Spagna 12 chicchi d’uva portafortuna per i 12 mesi successivi, negli Stati Uniti i fagioli neri per “garantire” fortuna economica, dolci e agrumi porta fortuna di forma rotonda in Asia, in Brasile abiti bianchi per attirare serenità, e fiori e offerte lasciati sulle spiagge come omaggio alla dea del mare, Yemanjá, il colore rosso in Cina, per buon auspicio, giallo per l’abbondanza e verde per i soldi in Sud America, il silenzio a Bali perché le forze maligne credano che l’isola sia disabitata, il sakè da bere nei templi in Giappone.
E mentre si vietano i crostacei come aragoste e gamberi, che procedono all’indietro guardando al passato piuttosto che al futuro e i volatili perché sulle loro ali porterebbero via le nuove speranze, l’inarrestabile tempo attraversa le nostre vite tra delusioni e nuove attese.
Inevitabile contare sulla speranza che ci fa dire ancora e sempre: “Auguri”!
Maria Frisella