Abate Franca Alba: vini che esprimono passione e amore per il territorio

Elena Grasso
Elena Grasso - EG Communication
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Passione, tradizione e rispetto per la terra sono al centro di un’azienda siciliana che nel 2005 ha vinto una scommessa: vinificare i vitigni autoctoni. Abate Franca Alba, in provincia di Trapani, racconta la storia di un vino, una storia fatta di sacrifici ma anche di amore per il proprio territorio e per i valori legati alla terra. Con un’estensione di oltre 40 ettari destinati a vigneto, 200 ettari di terreno e 2000 piante di ulivo, l’azienda Abate Franca Alba punta lo sguardo al nuovo conservando la coscienza della propria storia; una memoria che viene trasferita nel gusto e che profuma di autentico.

Totò Minore, fondatore e proprietario dell’azienda, ci narra il percorso che ha portato il suo vino ad essere apprezzato e deliziato dai clienti.

1. Abate Franca Alba è il nome dell’azienda della quale sei al timone e che oggi è presente in Sicilia e in Italia, ma che ha tutta l’intenzione di proporsi anche all’estero. A che deve questo nome?

E’ il nome di mia madre. L’azienda è un omaggio a lei.

2. Il progetto parte nel 2005 con l’impianto di nuovi vitigni e la relativa produzione. Quanta strada ha percorso da allora e quali sono stati i punti forti che ne hanno permesso la crescita?

Fin dalla sua prima annata imbottigliata, l’azienda si è posta l’obiettivo di produrre vini bianchi e rossi distintivi, caratterizzati da una forte identità territoriale. Al contempo, ha cercato di interpretare le tendenze del mercato, che nei primi anni 2000 privilegiavano vini ottenuti da uvaggi tra varietà autoctone e internazionali. Nel corso degli anni, l’azienda ha progressivamente scelto di valorizzare sempre più le varietà autoctone, come il Nero d’Avola e il Perricone tra le uve rosse, e il Grillo e il Catarratto tra quelle bianche, consolidando così il legame con il territorio di origine. Il rispetto per la natura, attraverso la gestione biologica certificata dei vigneti, ha ulteriormente esaltato questo legame profondo con l’ambiente circostante.

3. Quali sono le caratteristiche organolettiche dei suoi vini, essendo vitigni che crescono nel trapanese? Oggi qual è il vino di punta dell’azienda?

Il punto di forza di tutta la gamma risiede nella ricerca di una grande piacevolezza e bevibilità. Questo significa che i vini sono prodotti senza sovraestrazioni, surmaturazioni o influenze derivanti dai contenitori, a eccezione di due rossi speciali: L’Albasia (Syrah in purezza) e Biligneri (un Cabernet con una piccola percentuale di Nero d’Avola). Questi vini vengono prodotti solo in annate particolarmente favorevoli e sono affinati in piccoli recipienti di rovere (tonneaux e barriques), con l’intento di evolversi ulteriormente con un lungo affinamento in bottiglia.

4.Quali ritiene siano gli ingredienti fondamentali per un progetto di successo?
Il segreto sta nel riuscire a comunicare in prima persona, attraverso l’esperienza diretta, tutto ciò che comporta la produzione di un vino: dalla vigna alla bottiglia. In questo modo, è possibile identificare fortemente l’intero progetto con la figura del vignaiolo, rendendo il racconto autentico e credibile.

Nel mio caso, parliamo di una produzione limitato con 50.000 bottiglie, per cui posso dedicarmi all’intero processo anche grazie a un valido collaboratore che lavora con me da 48 anni; lui mi permette di concentrarmi sulla parte commerciale, su come conquistare nuovi mercati all’estero e trovare nuovi clienti. A prescindere dal fatturato, la vera gratificazione arriva quando hai nuovi clienti che riconoscono il valore del prodotto, quando vedi che il mercato apprezza il tuo lavoro. La nostra scommessa è nata nel 2005, un anno difficile per la viticoltura; inizialmente l’azienda era in famiglia, con mia sorella e mio fratello. Poi, quando loro hanno lasciato, ho proseguito da solo. Con loro avevamo scommesso sulla conversione dei vigneti in vitigni internazionali, il prezzo per l’uva era alto, ma quando iniziammo a produrre il prezzo crollò e il Business Plan non funzionò più. Non riuscivamo più a vendere, ma grazie ad alcuni amici, riuscimmo a posizionare il vino in Toscana già nel primo anno.

E lì un amico mi disse: “Non vinificare qui è come andare a San Pietro e non vedere il Papa”. Così iniziammo a vinificare le nostre uve, con l’aiuto di un enologo toscano che ci diede delle garanzie. Poi ebbi la fortuna di trovare il mio enologo, e piano piano siamo arrivati dove siamo oggi.

La fortuna è sicuramente un elemento importante per il successo, ma altrettanto fondamentale è sapersi comportare in società, lavorare con onestà, senza essere presuntuosi. È una questione di carattere: sono i fatti e le persone che devono darti ragione. Lo zoccolo duro per me rimane Trapani e la zona circostante, dove continuo a consegnare personalmente, per ricordarmi sempre da dove sono partito.

5.L’azienda è ampia e il vino non è l’unico core business. Parliamo di una storia familiare che affonda le sue radici nel territorio trapanese e nella tradizione. Quali altri prodotti produce?

Oltre al vino, produciamo anche olio. Inizialmente avevamo un caseificio che nasceva per soddisfare le esigenze degli amici, ma poi è iniziata l’avventura con il vino e ho deciso di concentrarmi su quest’ultimo. Il caseificio è rimasto comunque attivo. Prima del Covid, ho venduto gli animali, cedendo circa 200 capi in comodato d’uso. Quando ne ho bisogno, organizzo ancora un pranzo a base di ricotta con gli amici.

E poi l’olio. Coltiviamo principalmente tre varietà di olive: Biancolilla, Nocellara e Ogliara, in un’intera produzione che è biologica.

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