Investire nella Gentilezza: L’impatto umano sull’economia – Riflessioni del 13 Novembre

6 minuti di lettura

Tema suggerito oggi da più parti, non fosse altro che per arginare toni alti, indifferenza o continue polemiche con cui si appesantiscono i confronti dialogici e ideologici, la gentilezza si celebra nella Giornata Mondiale ogni 13 novembre.  

L’idea era stata lanciata dal Japan Small Kindness Movement fondato nel 1988 a Tokyo e proprio il 13 novembre del 1997 fu organizzata la Conferenza del “World Kindness Movement” a Tokyo che si è chiusa con la firma della Dichiarazione della Gentilezza.

Del Movimento mondiale per la Gentilezza facevano parte 27 rappresentanti di altrettante nazioni che decisero in quell’anno di promuovere progetti di solidarietà, condivisione e sviluppo sostenibile, quindi al di là del più facile immaginario che rimanda semplicemente alle buone maniere, ai convenevoli o al galateo.

Contenuti educativi e valore relazionale fanno della gentilezza una esigenza e un bisogno sociale, capace di dare senso alla democrazia nella convivenza come anche capace di produrre accordo. Un obiettivo oltre noi stessi, oltre i confini dei diversi paesi, oltre le nostre culture, etnie e religioni perché siamo cittadini del mondo e, in quanto tali, abbiamo spazi e presenze da condividere, luoghi pubblici da curare, animali da proteggere, un sistema ambientale da conservare e talenti da valorizzare.

Nasce forse da qui la consapevolezza che coesistere non è solo una condizione fisica, pacifica ma anche di crescita e di tutela di quanto abbiamo in comune, ivi comprese le risorse umane che vogliamo essere. La gentilezza è economia.

L’Italia vi ha aderito dal 2000 cogliendone il significato di coscienza culturale narrata dallo stesso lemma.

Ed è sorprendente quanto la sua storia coincida con la storia del pensiero e della società in un orizzonte ricco di etica.

Gentilezza deriva infatti dal latino gentilis, appartenente alla stessa gens intesa quale famiglia, ed esprimeva il senso di nobile e  di buona razza ma anche di appartenenza, al quale i romani tenevano.  

Ancora prima i greci ne avevano tracciato il valore ma nella lingua greca non ne troviamo una definizione se non philantropia, derivante da φιλία, philía, amicizia, e νθρωπος, ànthrōpos, uomo.

Interessante la posizione di Marco Tullio Cicerone quando, nel De amicitia, sostenne che gentilezza è il “farsi uguali a chi è inferiore” nell’umiltà, riprendendo il pensiero del filosofo greco Platone  per il quale esiste un legame tra amicizia e utilità pubblica: gentilezza quale comune interesse tra persone e società, attuabile con il saluto, con il soccorso degli infelici e con l’amore nei rapporti sociali e nella convivialità reciproca. D’altronde diceva Esopo: “Nessun atto di gentilezza, per piccolo che sia, è mai sprecato”.

Seneca aggiungeva, “…..è importante vivere per un altro, se vuoi vivere per te stesso” con ciò anticipando l’orientamento attuale  di un innovato impegno.  

L’imperatore e filosofo Marco Aurelio, tra il 121 e il 180 d.C., nell’affermare che “La gentilezza è la delizia più grande dell’umanità”, la riteneva uno status di decondizionamento da qualunque interesse individuale. Se coniugata a humanitas e pietas può diventare valore etico da riconoscere nelle azioni rivolte alla cura reciproca tra gli esseri umani, anche se sconosciuti gli uni agli altri.

Nella vita cristiana la gentilezza assumeva una valenza significativa coniugandosi alla caritas e, più laica, nel periodo medievale si riferiva non soltanto alla spiritualità ma anche al valore militare e cavalleresco e alla nobiltà d’animo dettata dall’amore.

L’hanno esaltata poeti e letterati  italiani del Duecento, dalla Scuola Siciliana allo Stilnovo, dal Rinascimento all’Età Moderna e Beethoven suggeriva “Io non conosco nessun altro segno di superiorità nell’uomo che quello di essere gentile”.

Eppure se ne avverte l’emergenza, a cominciare da quel: “Praticate gentilezza a casaccio e atti di bellezza privi di senso”, attribuito alla scrittrice americana Anne Herbert  che nel 1982 in una tavola calda in California lo avrebbe scritto su una tovaglietta di carta.

 “La gentilezza può generare gentilezza tanto quanto la violenza genera violenza” e sappiamo che la gentilezza è il “metodo  per affrontare e risolvere conflitti anche i più accesi e violenti e strumento chiave per produrre senso nelle relazioni umane”.

Percorso umano non scontato, percorso socio-economico difficile.

Non a caso, in questa società divisa e diffidente ritornano potenti le voci dei quaranta artisti che nel 1985 in “We Are The World”, ne hanno cantato la speranza dopo avere trovato un cartello sulla porta dello studio di registrazione, con su scritto «Controlla il tuo ego alla porta». Significative parole ancora valide.

Tant’è. Siamo pronti ad agire le speranze del mondo?

Prof.ssa Mariolina Frisella

Sponsor

Lascia un commento

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *