Per questo numero di Lo Scudo Magazine abbiamo scelto di intervistare un altro artista che ha fatto della sua voce un asso nella manica per raggiungere un ottimo livello di carriera. Filippo Glorioso, noto per la sua versatilità nel mondo dello spettacolo come attore, presentatore e doppiatore, si è dichiarato disponibile a collaborare con la Confederazione Internazionale OSJ Knights of Malta nell’ideare e organizzare eventi che rispecchino la mission dell’organizzazione, contribuendo a rafforzare i legami tra le diverse realtà internazonali. Grazie al suo talento e alla sua professionalità, Glorioso è una figura di riferimento nel panorama artistico siciliano, e non solo. La sua capacità di intrecciare il mondo del teatro, della radio e del doppiaggio derivano da un lavoro artistico importante che nasce dalla passione per la parola, per il pensiero che si fa voce, e a dire il vero, la voce di Filippo è veramente unica, tanto che è stata definita una delle più belle voci d’Italia.
1. Conduttore, attore, doppiatore, in quale di questi ruoli si ritrova di più?
A me piace molto lavorare con la voce fuori campo, anche se per fare il doppiatore devi esssere attore innanzitutto. Per cui preferisco essere attore prima per poter fare liberamente il lavoro di voce.
2. Si ricorda come ha inziato la sua carriera?
Sì, certo. Devo molto a un signore pugliese, originario di Giuggianello, in provincia di Lecce, che amava molto l’arte e lo spettacolo. Divenne Cittadino onorario e Presidente della squadra di calcio locale e, nell’ambito dell’amicizia che aveva con i miei genitori, una sera che stavo cercando di organizzare una serata si accorse del mio lato artistico. Fu allora che notò le mie qualità e mi presentò al mio primo manager, un certo Totò di Falco. A lui devo l’inizio della mia carriera, per avermi scoperto e dato il lancio che oggi mi permette di ottenere delle belle soddisfazioni.
3. Qual è stato il momento della sua carriera che le ha dato maggiore soddisfazione?
Nel corso della mia carriera, ho dato voce a molti spot nazionali, ottenendo diversi riconoscimenti. Ho lavorato anche tanto in radio e, in televisione, ho fatto un’apparizione su Rai 2 con la Perego, in una sola puntata, per poi passare a fare esperienza come autore.
Una delle soddisfazioni più grandi è stata la radio, ma anche la televisione locale, dove conducevo il telegiornale e, come autore, ho creato un programma chiamato SOS Nebrodi, che trattava temi legati al territorio.
Un’altra delle esperienze più significative della mia carriera è stata sicuramente il teatro, che considero la più importante di tutte. Il teatro offre delle soddisfazioni uniche, difficilmente paragonabili a quelle che si possono provare in radio, televisione o cinema. In teatro sei a tu per tu con il pubblico, e ogni emozione che trasmetti diventa immediatamente un dialogo reciproco. Gli applausi e le congratulazioni che ricevi alla fine di uno spettacolo sono il frutto di questa connessione autentica. Ma ciò che rende l’esperienza ancora più speciale è che, una volta sceso dal palco, ti accorgi che il pubblico ha vissuto con te quelle emozioni, identificandosi con ciò che sei riuscito a comunicare. Questo legame profondo con il pubblico è qualcosa che solo il teatro può offrire.
4. Nel 2016 invece un film documentario con il regista Francesco Lama, cosa ricorda di quella esperienza?
È stata un’esperienza davvero bellissima, soprattutto perché una parte del docufilm è stata girata nel mio paese. In questo progetto, ho interpretato il ruolo di un candidato all’Assemblea regionale, comportandomi esattamente come fanno i politici: baciando e abbracciando tutti. È stato un momento toccante, di grande vicinanza e affetto da parte del pubblico e degli amici.
Un altro momento felice è stato quando ho avuto l’opportunità di portare il film al Bafta di Londra, grazie a un mio amico siciliano, una persona eccezionale. E poi, abbiamo organizzato una serata speciale a Piccadilly Circus, con 1200 invitati, tra cui ambasciatori, industriali giapponesi, italiani e francesi. La serata ha avuto come ospite d’onore Mariagrazia Cucinotta, con la quale abbiamo poi sviluppato un bel rapporto di amicizia.
Era da tempo che non recitavo davanti alla telecamera, ma il regista è stato davvero bravo a darmi una parte che mi calzava alla perfezione.
5. In questo momento è impegnato a teatro con lo spettacolo “Il trenino di latta” di Simona D’Angelo e per la regia di Pietro de Silva. Quale ruolo interpreta?
Interpreto un padre che è stato un grande attore ma che, purtroppo, sacrifica la sua famiglia per la carriera. Lascia la casa per trasferirsi a New York dove si dedica al teatro, ma senza ottenere un grande successo. .
Il personaggio è un uomo pieno di sé, che ora soffre di Alzheimer e non riconosce più la figlia. Anzi, la scambia per sua moglie. Nonostante il suo desiderio di recuperare il rapporto con la figlia, non riesce a farlo, creando un drammatico contrasto tra il suo passato e la realtà del presente.
6. Cosa invece vorrebbe fare che ancora non ha fatto?
Sempre per essere completo, perché sono intonato, vorrei imparare la tecnica del canto, quindi recitare, cantare e perchè no, ballare, come fa un grande cantante, attore, showman quale Massimo Ranieri. Certo non riuscirei a fare il tip tap come lui.
7. Qualcuno dice che in Italia è diventato molto difficile produrre arte perché non produttivo dal punto di vista economico. Cosa pensa a riguardo?
Non sono molto d’accordo con questa tesi. È vero che chi lavora come scultore, pittore, attore, poeta o scrittore non vive necessariamente un momento florido dal punto di vista economico, ma non credo che si possa affermare che la cultura non generi guadagni. Non sono d’accordo con questa visione. La cultura, l’arte, si fanno innanzitutto per passione, e se la sorte è favorevole, il successo può arrivare, e con esso anche un giusto riconoscimento economico. Personalmente, sono soddisfatto di ciò che faccio: il pubblico mi apprezza, mi applaude, almeno fino a oggi.
8. Da quello che sento lei ha una voce incredibile, una voce timbrica e visibilmente allenata, vibrante direi. Secondo lei quali sono le caratteristiche che una voce deve avere per arrivare efficacemente al pubblico? Quale allenamento è necessario?
Il grande Ferruccio Amendola mi ha dato il via, spiegandomi cosa fosse necessario fare. La voce è uno strumento attraverso il quale possiamo comunicare con le persone. “Se sai guidare la tua voce, prendi possesso di questo strumento straordinario”, mi disse Ferruccio. Però, mi raccomandò anche di non montarmi la testa, perché così si rischia di andare a sbattere.
Io ho studiato un po’ di dizione, sono in gran parte autodidatta, e ho anche seguito cinque lezioni con Giuseppe Ferrara, un attore che ha lavorato con i fratelli De Filippo e in serie tv come Un medico in famiglia, oltre a fare spot pubblicitari. Ferrara, all’età di 85 anni, mi ha insegnato come leggere e come proporre un testo al pubblico.
È importante fare molta lettura, ascoltarsi e non avere fretta. Quando si legge o si recita, non si deve mai “impostare” la voce: come diceva Shakespeare, “l’attore che imposta la voce recita da cane”. La chiave è essere naturali, ma con la consapevolezza della voce. Una volta acquisita questa consapevolezza, il passo successivo è cercare di migliorarla, lavorando sulla dizione e la lettura. Questi esercizi non solo aiutano a perfezionare la tecnica, ma insegnano anche a rispettare le pause, un aspetto fondamentale che molti trascurano.
9. Infine, il contatto con la Confederazione OSJ di Malta grazie al Gran Cancelliere S.E. Vincenzo Allegra. Quale contributo pensa che di poter apportare all’associazione, o meglio, ha già in mente cosa si potrebbe organizzare sotto il profilo artistico?
Mi appassiona molto la tragedia greca, che considero una base fondamentale per comprendere e apprezzare anche altri generi più leggeri. Si potrebbe proporre la musica classica, la lettura di brani, ma anche organizzare serate di Gran Gala con recital di poesie o estratti da opere come l’Agamennone o Edipo Re, serate canore, eventi musicali e concorsi. Tuttavia, ciò che conta davvero è l’approccio con l’interlocutore: bisogna capire cosa desidera e, a partire da questa comprensione, ideare eventi su misura.
Elena Grasso