Eredità Cavalleresca a Malta: Gli Arazzi che celebrano il Nuovo Mondo

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A 80 km dalla Sicilia, a 284 km dalla Tunisia e a 333 km dalla Libia, è Malta, isola dalla posizione strategica nel Mediterraneo.

Deve il suo nome ai Greci che la chiamarono Μελίτη, μέλι, il termine greco per miele, forse perché in quel periodo vi abbondavano le api autoctone e si produceva molto buon miele. Gli arabi  la chiamarono Malita. Melita rimase per i Romani.

“Malta” potrebbe derivare anche dalla lingua fenicia”malit“, che letteralmente significa “montagna”, o dall’ebraico Malet o dal fenicio Maleth, il cui significato è in entrambi i casi rifugioricoveroasilo

Conserva memorie storiche ereditate da Fenici, Greci, Cartaginesi, Romani, Bizantini, Arabi, Normanni, Aragonesi, Francesi e Inglesi. 

Nell’avvicendarsi dei popoli, nel periodo intercorrente tra aragonesi e francesi, nel 1530 vi arrivarono i Cavalieri Ospitalieri  ai quali  l’imperatore  Carlo V d’Asburgo re di Sicilia, concesse in affitto perenne Malta al prezzo simbolico di un falco da caccia ammaestrato. La storia dell’isola di Malta, incrocia dunque quella dei Cavalieri dell’OSJ noti quali Cavalieri di Malta.

A ricordarli nella città La Valletta è il Palazzo del Gran Maestro, in maltese Palazz tal-Granmastru, l’edificio  oggi sede del Presidente della Repubblica di Malta, la cui facciata in origine austera fu in seguito articolata con le due balconate.

La costruzione venne ordinata nel 1571 dal 50º Gran Maestro Pietro del Monte all’ingegnere Girolamo Cassaro ammesso nell’Ordine di San Giovanni nel 1569,  che curò anche la con-cattedrale di San Giovanni e degli auberges dei Cavalieri. Entriamo nel palazzo.

Lì, nella Stanza di San Michele e San Giorgio, detta Sala del Trono, tra gli affreschi cinquecenteschi di Matteo da Lecce si riuniva il Gran Consiglio dell’Ordine,  mentre la Sala Gialla veniva utilizzata dai paggi. Gli ambasciatori erano ricevuti  nella Stanza dell’Ambasciatore o Sala Rossa, perchè ricoperta di tappezzeria rossa, dove troneggiano i ritratti di nobili e dignitari, tra i quali quello di Caterina di Russia, di Luigi XVI di Antoine Callet, di Frederick Langreve.

Possiamo solo immaginare i Cavalieri riuniti in assemblea nella Stanza degli arazzi decorata con dieci arazzi,  opere di Gobelin da Le Blondel  su disegni di proprietà di Luigi XIV. 

Colpisce la varietà delle raffigurazioni preziosamente tessute in quegli arazzi, unica collezione completa esistente al mondo, intitolata  “Les teintures des Indies“ che raggiunse grande fama per le splendide illustrazioni.

Due connotazioni rendevano particolare e affascinante la collezione:  vi viene raffigurato l’abitat esotico del Nuovo Mondo, vegetale e animale, con piante, pesci, uccelli e altri animali come anche  il rinoceronte indiano e la zebra riprodotti per incuriosire e trasferire sulle tele l’esotismo della flora e della fauna di tre continenti, Sud America, India e Africa;  ai lavori furono impegnati pittori prestigiosi come Le Brun, Jean-Baptiste Oudry, Charles Coypel e François Boucher   che  per riprodurre effetti pittorici, profondità, sfumature e tonalità crearono nuovi coloranti.

Una curiosità: la paga dei tessitori era commisurata alla difficoltà del lavoro, per cui era più alta per chi tesseva teste, occhi, e mani.

Gli artisti della fabbrica di Gobelin furono molto attenti a rispettare i disegni che due artisti olandesi fecero durante una spedizione esplorativa in Sud America e in Brasile in particolare tra il 1637 e il 1644. I loro studi vennero riprodotti a Gobelin da Le Blondel, in Francia, e donati dall’esploratore Johan Moritz von Nassau a re Luigi XIV che, a sua volta,  li donò al Gran Maestro Perellos.  il quale infine li lasciò in eredità al palazzo nel 1710. La fabbrica di Gobelin era nota per le sue produzioni, considerate tra le più raffinate dell’ Europa nei secoli XVII e XVIII.

Piace pensare a quanto valore i Cavalieri dessero all’arte, forma di cultura che accompagna l’evoluzione e ne imprime i significati nel pensiero.

Prof.ssa Mariolina Frisella
 

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