È il periodo della raccolta e della spremitura dell’olio di oliva, rito e qualità. Abbiamo esplorato l’ origine dell’albero di ulivo che è storia di popoli e dei, di riti sacri e pagani, di miti, di letteratura e scienza.
E’ la storia che ci porta al tempio Partenone dove, a ben guardare la facciata minore, la scultura di Fidia risalente al 438 al 432 a.C., .narra la nascita dell’ulivo. Accadeva che gli Dei Atena e Poseidone si contendevano la assegnazione del proprio nome alla nuova città in costruzione e il padre Zeus, per calmarli, decise che “La città avrebbe avuto il nome del dio che avesse fatto il dono migliore per l’Umanità”. Erodoto (VIII, 55) racconta che Poseidone, dio dei mari, percosse con un colpo di tridente il suolo e fece scaturire una sorgente di acqua e un cavallo bianco ma l’acqua era salata, Athena percosse la terra con la sua lancia e comparve un albero con le foglie argentee, l’olivo, i cui frutti potevano essere usati come cibo e i rami come legname.
Zeus scelse quel dono e la nuova città si chiamò Atene.
Il mito continua. Da quel primo olivo sacro sull’Acropoli di Atene venne ricavato l’olio, raccolto in un’anfora e dato in premio ai vincitori dei giochi Panatenaici.

Athena aveva creato il simbolo della pace e il sostentamento alimentare per gli uomini.
In quanto simbolo della pace riconosciamo tutti la colomba della memoria biblica, riferita a Noè che, approdato sul monte Ararat dopo il diluvio universale, fece uscire dall’arca quella colomba che ritornò con un ramoscello d’ulivo simbolo di pace.
Non per nulla sul monte Tabor accanto alla tomba di Adamo, sarebbe germogliato un ulivo il cui seme si disse proveniente direttamente dal Paradiso Terrestre.
Ed eccoci nella terra di Sicilia che ricevette per prima l’albero sacro da Aristeo, figlio del Dio Apollo, in viaggio per dimenticare la morte del proprio figlio. Aristeo insegnò ai greci di Sicilia i metodi per coltivare l’olivo e per ricavarne l’olio e l’albero fu considerato sacro tanto che sradicare anche un solo albero comportava la pena dell’esilio. Un primato ancora oggi protetto.
Dalla Grecia all’Antica Roma le leggende sull’ulivo sono tante, come quella che vede nascere Romolo e Remo, i due fratelli fondatori di Roma, all’ombra dell’ulivo che li avrebbe protetti. Per i Romani divenne simbolo di gloria e i cittadini coraggiosi e meritevoli, come gli sposi, venivano incoronati con corone d’alloro intrecciate a fronde d’ulivo. Ma c’è di più. I romani lo piantavano in ogni territorio conquistato e ne promuovevano la coltivazione e la produzione di olio che gli abitanti delle terre conquistate versavano come tributo. Esistevano 10 varietà di olivi e 5 diverse categorie di olio: oleum ex albis ulivis ( il più pregiato) ottenuto da olive verde chiaro, viride ottenuto da olive che iniziano a annerire ( Invaiatura), maturum ottenuto da olive mature, caducum ottenuto da olive raccolte a terra, ciborium ottenuto da olive bacate e destinato solo agli schiavi.
In Sicilia la diffusione della sua coltura continuò con la dominazione araba IX-X sec. e per quanto non ci si renda conto ne narriamo la storia quando in dialetto siciliano indichiamo la giarra, quale tipico recipiente di argilla dove si teneva l’olio, o la burnia, vaso di argilla dove si riponevano le olive, o ancora la coffa, borsa di corda intrecciata usata per contenere la pasta di olive sotto il torchio per la spremitura, o tumminu, misura di capacità per le olive.
Ed ormai l’ulivo lo si trovava nei terreni diffuso anche grazie alle tecniche agronomiche de monaci Benedettini e Cistercensi che svilupparono anche i frantoi.
Dal medioevo al rinascimento ad oggi gli ulivi hanno accompagnato la nostra agricoltura e di conseguenza la storia dell’uomo, ricchi e strani, unici e diversi, eterni nel loro tronco intrecciato in continua torsione in senso orario. E oggi si scopre che è il movimento di rotazione della Terra che influenza lentamente la forma del tronco degli alberi di ulivo e ne costruisce il fascino dell’ imponenza e della forza.
Ma noi sappiamo degustare l’olio?
Maria Frisella