L’affondamento del veliero di Mike Lynch: Il racconto dell’armatore Salvatore Trifirò

Elena Grasso
Elena Grasso - EG Communication
4 minuti di lettura

L’ affondamento del lussuoso veliero di proprietà del magnate britannico Mike Lynch, avvenuto il 19 agosto scorso al largo di Porticello, Palermo, e avvenuto in circostanze ancora poco chiare, ha sollevato domande e preoccupazioni tra gli esperti del settore nautico. Per comprendere meglio il contesto e le possibili dinamiche di tali incidenti in mare, abbiamo chiesto un parere all’armatore Salvatore Trifirò, rinomato civilista e giuslavorista, nonché appassionato navigatore.

Salvatore Trifirò è una figura di spicco nel mondo della vela. La sua carriera come armatore è stata caratterizzata da un costante crescendo di successi e imprese. Dalla sua prima barca a vela, un modesto Dinghy, Trifirò è passato a navigare su imponenti imbarcazioni come il Zefira, un veliero di 50 metri, e il Ribelle, di 33 metri, attraversando oceani con audacia e determinazione. Tuttavia, nonostante la sua vasta esperienza, Trifirò ha preferito non esprimersi sulla vicenda del veliero di Lynch, spiegando di non conoscere a fondo le testimonianze e i dettagli dell’accaduto.

Invece, Trifirò ha condiviso con noi un episodio personale che ha vissuto circa 15 anni fa al largo della Sardegna insieme al suo equipaggio, un’esperienza che sottolinea l’imprevedibilità e i pericoli che il mare può riservare anche ai navigatori più esperti. “Posso raccontare quello che è successo a noi circa 15 anni or sono con la mia barca, uno sloop corsaiolo di 46 metri e un albero di circa 60 metri che si chiamava Kokomo,” ha iniziato Trifirò. “Ci trovavamo in Sardegna, nella baia Pitrizza, intorno alle 10:30 del mattino, quando improvvisamente siamo stati avvertiti del possibile arrivo di un tornado.”

Quello che seguì fu un momento di pura tensione. Trifirò descrive l’arrivo di un “muro grigio” alto quasi due metri, ribollente di acqua spumeggiante alla base, che avanzava rapidamente verso la loro posizione. “Eravamo in coperta,” continua Trifirò, “e il nostro bravissimo comandante si è subito assicurato che ci mettessimo al riparo nella dinette con gli ospiti.”

Il tornado si abbatté con violenza sulla barca, piegandola paurosamente sulla fiancata destra fino a portare l’albero quasi a filo d’acqua. Una giovane membro dell’equipaggio venne sbalzata in aria, trattenuta solo per i piedi da un altro marinaio. All’interno della barca, gli oggetti precipitavano da una parte all’altra, mentre Trifirò e gli ospiti si aggrappavano ai corrimano per non essere sbalzati via.

Dalla riva, i villeggianti osservavano atterriti la scena. Nel frattempo, il comandante e l’equipaggio, in una corsa contro il tempo, cercavano di liberare la barca dall’ancora che la tratteneva spingendola pericolosamente verso riva. “Finalmente, con un’ascia, il comandante riuscì a tagliare la sagola che teneva la barca alla catena,” racconta Trifirò.A questo punto, la barca si è di colpo rialzata, e il comandante, virando con la poppa al vento e spingendo col motore al massimo dei giri, ha cominciato a correre verso la salvezza nel mare aperto a circa 18 nodi.”

Questo drammatico racconto evidenzia quanto possa essere imprevedibile e pericoloso il mare, anche per coloro che lo conoscono bene e lo amano profondamente. Per fortuna, nel caso dell’armatore si è potuto evitare il peggio grazie alla presenza di un comandante preparato e attento, e ci ricorda quanto la navigazione richieda rispetto, preparazione e una grande dose di coraggio.

Elena Grasso

Sponsor

Elena Grasso
By Elena Grasso EG Communication
Seguici
Business journalist and event planner presso EG Communication
Lascia un commento

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *