Ci sono 200 milioni di euro stanziati dal Pnrr per superare gli insediamenti abusivi dove vivono migliaia di lavoratori agricoli, per lo più stranieri e spesso sfruttati, bloccati da mesi. Le aree sono state individuate da due anni ma è ancora tutto fermo. Secondo il Rapporto su «Le condizioni abitative dei migranti che lavorano nel settore agroalimentare» pubblicato a giugno del 2022 dal ministero del Lavoro e dall’Associazione nazionale dei Comuni italiani, sarebbero 150 gli insediamenti non autorizzati che stando alle stime ospiterebbero circa 10 mila immigrati tra casolari e palazzi occupati, baracche, tende e roulotte. Veri e propri ghetti, invivibili, indecenti e pericolosi, che sulla carta andrebbero sostituiti realizzando aree attrezzate con moduli abitabili e la predisposizione di tutti i servizi necessari. Per contrastare la lotta al caporalato, è stato firmato il Protocollo contro lo sfruttamento del lavoro in agricoltura e sono previste una serie di iniziative per migliorare le condizioni dei lavoratori in larga misura donne e stranieri, specialmente nel Meridione.
Il protocollo è stato firmato dai ministeri dell’Agricoltura, del Lavoro e degli Interni, insieme alle Regioni (Piemonte, Campania, Puglia, Basilicata, Sicilia e Calabria), le organizzazioni sindacali Cgil, Cisl e Uil, le associazioni di categoria, tra cui Coldiretti, e le associazioni del volontariato, quali Caritas e Croce Rossa Italiana è l’obiettivo che il Governo vuole raggiungere consiste nel combattere il fenomeno del caporalato attraverso una serie di iniziative mirate a migliorare le condizioni dei lavoratori e a rafforzare le azioni di contrasto al caporalato e allo sfruttamento dei lavoratori in tutto il Paese. Il fenomeno del caporalato consiste nel reclutamento e nello sfruttamento di manodopera in campo agricolo attraverso i c.d. caporali, cioè degli intermediari che per conto del datore di lavoro assumono forza lavoro in nero, percependo per questo una percentuale è un’attività svolta in maniera illegale, perché comporta un utilizzo a basso costo della forza lavoro, non rispettando le norme che regolano il rapporto di lavoro, quali ad esempio i minimi retributivi previsti dai contratti collettivi, l’orario di lavoro o il versamento dei contributi.
Massimo Scuderi