Per non dimenticare: il 5 maggio 1972, il disastro di Montagna Longa (PA)

Massimo Scuderi
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Eppure sono trascorsi 52 anni da quando, alle 22.24 di quel maledetto 5 maggio 1972, un aereo, un DC8 Alitalia AZ 112 partito da Roma con 30 minuti di ritardo, in fase di atterraggio all’aeroporto palermitano di Punta Raisi, si schiantò su un costone di roccia tra Cinisi e Carini. Il disastro di Montagna Longa, dal nome delle alture a ridosso dello scalo siciliano, e 115 furono le vittime, tra passeggeri e membri dell’equipaggio. Per la giustizia – che ci mise dodici anni per pronunciarsi, ma a questo siamo purtroppo ormai abituati – si tratta del bilancio di un errore umano commesso dal comandante, che a Palermo era atterrato una infinità di volte, e dal suo primo ufficiale. Secondo la versione della magistratura di quel tempo, pare che i piloti avessero scambiato il radiofaro dell’aeroporto con quello posto dieci miglia più a sud, su Monte Gradara. Tuttavia, però, l’esito dell’inchiesta ministeriale, che arrivò precipitosamente alla discutibile conclusione: la sciagura, in una serata senza turbolenze, limpida, e nessun evento esterno – come un ordigno esplosivo o una collisione in volo – fu quella a determinare il disastro, il più grave dell’aviazione civile nell’Italia del dopoguerra fino a quello di Linate, avvenuto l’8 ottobre 2001 e che costò la vita a 118 persone. Detto ciò, anche ai tempi d’oggi, sulla strage di Montagna Longa i dubbi non si sono mai diradati. Cosa diversa per i familiari delle vittime che, non hanno mai desistito e cercano verità e giustizia.

Eppure nel processo, che si concluse nel 1984, i giudici attribuirono la responsabilità della strage ai piloti ma le cause della sciagura non sono mai state chiarite anche se l’ipotesi del sabotaggio, nell’autunno del 1977, fu indicata dal vicequestore di Trapani Giuseppe Peri nel suo rapporto che collocava il tragico avvenimento in un quadro più complesso di destabilizzazione e terrorismo, una strage voluta da quelle stesse forze terroristico-eversive che, in quegli stessi anni, stringevano un patto d’alleanza con la mafia trapanese. Un altro inquietante fu quello che riguardava la scatola nera dell’aereo, che si “guastò” cinque giorni prima della sciagura senza che nessuno intervenisse o segnalasse il problema. Si tratta di una questione non da poco, dato che un aereo non può viaggiare in un caso del genere.

La domanda che si torna a formulare è questa: la scatola nera era stata manomessa intenzionalmente? Infine c’è un ultimo elemento su cui soffermarsi e che viene raccontato anche nel libro del 2012, “L’ultimo volo per Punta Raisi”, scritto dal giornalista Francesco Terracina. E di lacune sull’inchiesta iniziale ormai se ne persero il conto, come ad esempio la mancata acquisizione del tracciato radar del centro di difesa aerea di Marsala. In un documento che prende il nome dal suo autore, Giuseppe Peri, nel 1976 capo della squadra mobile di Trapani, si mise in relazione Cosa nostra all’eversione neofascista. Un anno prima di Montagna Longa c’era stato un delitto eccellente, quello del procuratore di Palermo Pietro Scaglione, che indagava anche su episodi riconducibili alla strategia della tensione in Sicilia e probabilmente per questo oggetto di un feroce tentativo di screditarlo addossandogli la responsabilità per la mancata cattura nel 1969 del boss corleonese Luciano Liggio. Quindi, il dilemma: attentato o disgrazia causata da improvviso guasto? Per intanto non ci rimane che commemorare tutte le vittime di questa tragedia pensando anche alle loro tante famiglie che ad oggi non trovano le verità di cosa accadde quel maledetto 5 maggio 1972, il disastro di Montagna Longa (PA)

Massimo Scuderi

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