La riforma costituzionale della giustizia, voluta fortemente dalla premier Giorgia Meloni e dal ministro Carlo Nordio
La riforma costituzionale della giustizia, prevede di separare in modo definitivo giudici e magistrati, impendendo il passaggio, come avviene oggi, e istituendo due Csm separati, entrambi presieduti dal Capo dello Stato .La bozza di disegno di Legge in tema di separazione delle carriere entra ufficialmente in Consiglio dei Ministri il 29 maggio 2024, citato all’ordine del giorno con queste parole: «Schema di disegno di legge costituzionale: Norme in materia di ordinamento giurisdizionale e di istituzione della Corte disciplinare (PRESIDENZA – GIUSTIZIA)». La tempistica, molto vicina a una tornata elettorale, finisce per evidenziare la valenza politica della questione. La calendarizzazione è solo l’inizio del complesso iter previsto per le norme che modificano la Costituzione. Facile prevedere che il tema, non di poco momento per le sue implicazioni, farà discutere a lungo. Anche la citazione all’ordine del giorno dell’istituzione di una Corte disciplinare, che si vorrebbe a sostituire la sezione disciplinare del Csm che attualmente si occupa dei procedimenti disciplinari dei magistrati, è destinata a tenere banco nel dibattito. Non nuova come idea, già ventilata in passato anche in punti diversi dell’arco parlamentare, pone infatti il complesso problema di come disegnarla in modo da garantire l’autonomia e l’indipendenza della Corte, perché a cascata, data la delicatezza del potere decisionale in ambito disciplinare, potrebbe ripercuotersi indirettamente sull’indipendenza e l’autonomia della magistratura previste dalla Costituzione. Cosa cambia con la separazione delle carriere e perché i magistrati stanno protestando.
Il ddl per la separazione delle carriere dei magistrati è stato approvato dal Cdm. La riforma della giustizia prevede anche lo sdoppiamento del Csm e una nuova Alta corte per giudicare le sanzioni disciplinari nei confronti di giudici e pm. Ecco cosa cambierebbe con la riforma costituzionale, annunciata poco prima delle elezioni europee. E così, il governo Meloni ha varato, nel Consiglio dei ministri di ieri, una riforma della giustizia che porterebbe alla separazione delle carriere dei magistrati, allo sdoppiamento del Csm e alla nascita di una nuova Alta corte per i provvedimenti disciplinari verso la magistratura. Un cambiamento che il ministro della Giustizia Nordio e la presidente del Consiglio Meloni destinato anche a dividere le opposizioni. L’iter del testo sarà decisamente lungo, e potrebbe terminare tra oltre un anno con un eventuale referendum. Ma, secondo diverse ricostruzioni apparse sui quotidiani, il governo avrebbe accelerato in modo da mettere in cantiere la riforma poco prima delle elezioni. La separazione delle carriere per i magistrati consiste nella modifica di diversi articoli della Costituzione per fare sì che i magistrati con funzione giudicante (cioè i giudici) e quelli con funzione requirente (cioè i pm, che svolgono le indagini) siano del tutto separati: carriere diverse fin dall’inizio, senza la possibilità di passare da un ruolo all’altro. Una modifica che secondo molti esponenti della magistratura non è necessaria, o perlomeno non urgente: infatti, già oggi il cambio di carriera è consentito solo una volta, solo entro i primi dieci anni dopo il superamento del concorso, e una percentuale bassissima di magistrati lo fa. Ed inoltre, un altro intervento della riforma Nordio prevede che il Consiglio Superiore di Magistratura sia sdoppiato.
Attualmente c’è un solo organo per l’autogoverno di tutti i magistrati, mentre ne nascerebbero uno per i giudici e uno per i pm, con composizione identica, ed entrambi sotto la presidenza del presidente della Repubblica. Cambierà anche il modo in cui vengono scelti i membri dei due Csm, che saranno sia togati (cioè magistrati), sia laici (ovvero esperti di diritto esterni alla magistratura). Quelli togati non saranno più eletti dagli stessi magistrati, per contrastare la dinamica delle correnti, ma sorteggiati. Anche quelli laici saranno sorteggiati, ma con un particolare che renderà comunque possibile un certo grado di controllo politico: il sorteggio, infatti, avverrà all’interno di un elenco di persone scelte dal Parlamento, tra professori di diritto e avvocati con lunga esperienza. In più, come sopra riportato, nasce un nuovo organo per le misure disciplinari contro i magistrati. Sarà una Alta corte composta da quindici giudici in tutto: tre saranno laici scelti dal presidente della Repubblica, tre dal Parlamento (anche qui, sorteggiati da un elenco), tre saranno magistrati e sei giudici (tutti sorteggiati tra chi ha una certa anzianità). Il presidente della Corte sarà un laico, quindi tra quelli scelti dal capo dello Stato e dal Parlamento. Ma perché allora i magistrati protestano contro la riforma della giustizia? Come detto, i tempi della riforma sono ancora lunghi. Non solo il testo dovrà partire dal Parlamento e passare da tutto l’iter di una riforma costituzionale, ma anche qualora dovesse essere approvato, l’ultimo articolo prevede che Camera e Senato formulino le leggi più dettagliate sul Csm e sulle procedure disciplinari “entro un anno”. L’aspettativa, quindi, è che difficilmente la riforma – anche se procedesse senza intoppi – potrà entrare in vigore prima del 2026. Anche per questo, l’Associazione nazionale magistrati ha contestato i tempi rapidi con cui il testo è stato approvato.
L‘Anm ha scritto in una nota che la “logica di fondo” del ddl segue una “volontà punitiva nei confronti della magistratura ordinaria“, portando a una “riforma ambigua che crea un quadro disarmante“. Le critiche si rivolgono soprattutto allo “svilimento del ruolo e della funzione di rappresentanza elettiva dei togati del Csm” prosegue Anm“, e alla decisione di sottrarre le “prerogative disciplinari” che vengono affidate a una nuova Alta corte. Il timore dei magistrati è che la nuova riforma abbia l’intenzione di indebolire la categoria, togliendole indipendenza e mettendo le basi per un controllo del governo sulla magistratura.
Massimo Scuderi