Lemma prestato dallo spagnolo cañón e poi dall’inglese per la memoria orografica dell’America settentrionale, i canyon sono gole della terra, vallate molto profonde a forma di corridoio caratterizzato da pareti a strapiombo. Fratture tettoniche o scavate da acque che possono formare cascate, preziosi angoli del nostro patrimonio paesaggistico siciliano, concedono il fascino che incanta e imprigiona emozioni, crea le condizioni meditative del pensiero.
Dovette essere così per quanti, nel periodo medievale, conobbero il contesto territoriale di Corleone, oggi comune italiano della città metropolitana di Palermo, in Sicilia. il paese delle cento chiese tanto che i suoi quartieri prendono nome proprio dai santi ai quali erano dedicate le chiese principali, san Pietro, san Giuliano, san Nicola, sant’Agostino. Nel trecento/quattrocento se ne contavano già 17 all’interno dell’abitato e ben 14 fuori le mura.
Nello stesso periodo medievale si registrava la presenza di sei confraternite e associazioni laiche.
A Corleone, in un paesaggio che conserva ancora la sua natura incontaminata, era molto sentita la tradizione eremitica e la devozione alla Terrasanta testimoniata anche dalla presenza di cavalieri e del priorato di San Giovanni Soprano dell’ordine gerosolimitano che godette di nutriti lasciti testamentari per soccorrere i malati e i bisognosi.
Della natura del territorio fa parte la Cascata delle due Rocche nel Parco naturale omonimo. Vi si arriva percorrendo in città le stradine del quartiere storico di San Giuliano fino alla Chiesa dedicata alla Madonna delle due Rocche, una piccola e semplice struttura bianca che sorse per volere del Sacerdote Smiriglio nel 1651 in quanto proprio lì fu trovato un quadro raffigurante la Vergine, si pensa nascosto in una buca per proteggerlo dalle incursioni di dominatori. Un sentiero a lato della Chiesa porta alle cascate dove le acque si riversano in una fossa che la sua azione erosiva ha scavato con un salto di quasi dieci metri tra due rocche gemelle dalle quali prende la denominazione.



Sono le acque del Torrente San Leonardo, o Torrente di Corleone, affluente di sinistra del Belice Sinistro che nel suo percorso secolare ha scavato una gola tortuosa tra pareti stratificate di rocce calcaree. Il sito geologico offre un habitat di diverse specie endemiche vegetali e animali, tra gli alberi di gelso, noce e frassino che lo dipingono di verde.
La natura in quei luoghi regala emozioni che incrociano la storia. Un antico mulino ai piedi, lungo le pareti i resti di un acquedotto, forse di origine medievale, la Rocca dei Maschi da cui si guardano le cascate a strapiombo, la torre dei Saraceni, il convento del SS. Salvatore, il vecchio carcere, oggi sede dei frati Minori Rinnovati, e più a sud Rocca Busambra.
Testimone la rupe isolata alta 861 mt., una semplice torre circolare costruita con calcare di piccole dimensioni legato con malta, appartenente al “Castello Soprano”, punto di avvistamento utilizzato dagli arabi. Il castrum superius era sorto all’arrivo dei lombardi a difesa del nuovo insediamento in età federiciana.
Ai piedi il Comune di Corleone, quell’ Animosa Civitas che rappresenta il suo motto dal titolo conferitole il 12 gennaio 1556 da Carlo V.

Da dove si sia originato il nome è incerto: la forma Corleone è attestata dal 1556, riconosciuta Città con Decreto del Presidente della Repubblica nel 2011, ma fino a tutto l’Ottocento era chiamata Coriglione, dal quale è derivato il siciliano Cunigghiuni. Il nome Corilioni è documentato in un atto notarile del 1326 scritto in Latino medievale. La provenienza della denominazione è stata oggetto di ipotesi che variano dal greco-bizantino χώραλέων, chṓraléōn, il “paese di Leone” composto da chṓra, “paese” nel senso di territorio e da léo̱n come nome personale, al latino Curilionum al normanno Coraigliòn, all’aragonese Conillon.
Il leone torna nello stemma, riconosciuto nel 1929, ”di rosso, al leone d’oro, tenente con la branca anteriore destra un cuore ardente al naturale”.
Prof. ssa Mariolina Frisella