Pubblici dipendenti: procedimento disciplinare e indagini preliminari

Massimo Scuderi
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Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 03/10/2005 n° 5243

Ai tempi d’oggi, apprendiamo purtroppo, che gli scandali per corruzione nella P.A. ossia ad opera (fatta male, poiché poi quest’ultimi verranno comunque scoperti) di quei dipendenti pubblici corrotti. Tuttavia, per fortuna, esiste ancora quella fascia di dipendenti pubblici onesta e incorruttibile. Cosicché prendiamo spunto dall’art. 25 comma 8 del contratto collettivo nazionale di lavoro del personale del comparto delle regioni e delle autonomie locali, stipulato in data 6.7.1995, che disponeva che il procedimento disciplinare nei confronti del dipendente pubblico doveva essere avviato anche nel caso in cui risultasse connesso con procedimento penale e doveva rimanere sospeso fino alla sentenza definitiva.

Con la decisione in commento, il Supremo collegio amministrativo chiarisce che, ai sensi della citata disposizione, il termine “procedimento penale” si riferisce al procedimento penale iniziato e, dunque, alla fase che segue la richiesta di rinvio a giudizio, con la conseguenza che “l’obbligo di sospensione del procedimento disciplinare si determina solo quando il dipendente pubblico è sottoposto per gli stessi fatti a dazione penale e questa ha propriamente inizio, ai sensi dell’art 405 c.p.p., con la formulazione dell’imputazione nei casi previsti dall’art. 444 e ss. c.p.p. o con la richiesta di rinvio a giudizio”. L’obbligo di sospensione del procedimento disciplinare nei confronti del dipendente pubblico che debba essere contestualmente sottoposto ad un’azione penale per gli stessi fatti da cui trae origine l’illecito disciplinare, è quindi subordinato all’intervento di precisi atti processuali, successivi alla chiusura delle indagini preliminari e coincidenti con l`inizio dell’azione penale: la formulazione dell’imputazione ovvero la richiesta di rinvio a giudizio ai sensi del primo comma dell’art. 405 c.p.p..

I giudici precisano a tal proposito che tutte le fasi procedimentali antecedenti all`inizio dell’azione penale, benché afferenti al soggetto indagato, “non possono ritenersi ricomprese nell’ambito del procedimento penale in senso proprio”. Ne consegue che risulta lecita la condotta dell’Amministrazione che concluda il procedimento disciplinare con provvedimento sanzionatorio (nel caso di specie licenziamento per giusta causa) prima della richiesta del rinvio a giudizio dell’interessato, dovendosi ritenere insussistente l’obbligo dell’amministrazione di sospendere il procedimento disciplinare. Nell’occasione, poi, i giudici hanno ritenuto legittima l’applicazione della lettera e) dell’art. 27 del suddetto contratto collettivo nazionale di lavoro, che estende anche ad ipotesi non contenute nell’elencazione specifica di cui alle lettere precedenti il licenziamento senza preavviso, qualora si configurino violazioni intenzionali dei doveri di gravità tale da non consentire la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto di lavoro. In particolare il Consiglio di Stato non ha accolto le contestazioni del dipendente circa la sproporzione tra violazioni e sanzione irrogata, e la carenza di motivazione nel provvedimento discrezionale di licenziamento.

Quanto alla prospettata sproporzione tra le violazioni commesse ed il licenziamento i giudici rispondono che 1`entità della sanzione, determinata in base ai parametri di cui al primo comma dell’art.25 del contratto collettivo nazionale (intenzionalità del comportamento, grado di negligenza, imprudenza o imperizia dimostrate; rilevanza degli obblighi violati; responsabilità connesse alla posizione di lavoro occupata dal dipendente; grado di danno o di pericolo causato all’amministrazione, agli utenti o a terzi ovvero al disservizio determinatosi; sussistenza di circostanze aggravanti o attenuanti, con particolare riferimento al comportamento del lavoratore) risulta adeguata alla gravità dei fatti commessi.

Analogamente, circa la pretesa carenza di motivazione, il Collegio risponde che la comprovata gravità dei comportamenti tenuti dal dipendente rende non necessario “il puntuale approfondimento sul piano della motivazione per ciò che attiene al venir meno del rapporto fiduciario e alla conseguente risoluzione del rapporto di servizio”. Nonostante ciò, ai tempi d’oggi nelle diverse Amministrazioni comunali, in direzione dei dipendenti pubblici, giungono “Avvisi di garanzia” e addirittura “Rinvii a giudizio” dove, verosimilmente, gli stessi dipendenti pubblici, pare non aver comunicato alla stessa P.A. da cui dipendono – cosa gravissima aggiungiamo noi – i detti provvedimenti giudiziari a loro carico. E qualcuno si chiederebbe: “ e il segretario generale, quale capo dell’anticorruzione che fa…?” già, sarebbe la medesima domanda che i lettori si porrebbero, e non solo loro…

Massimo Scuderi

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