Il ponte di fede tra il Priorato di Palermo e Catania. Omaggio a Sant’Agata

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Anche quest’anno a Catania si sono svolte le celebrazioni in onore della sua Patrona Sant’Agata, vergine e martire. Ad esse ha preso parte acnche la Confederazione Internazionale dei Gran Priorati Autonomi del Sovrano Ordine di Gerusalemme Osj Cavalieri di Malta guidati dal reggente protempore e Gran Priore di Sicilia Dott. Madia Giuseppe, dott. Giuseppe Madia, e al nostro Priore dott. Giuseppe Pagano.

Anche a Palermo si ricorda con affettuosa fede la Santa che fu Patrona della città prima di Santa Rosalia; un’antica leggenda risalente al 1624, vuole che la stessa Agata indicasse ai palermitani di rivolgersi a Santa Rosalia per scongiurare la peste in città.

Lei, insieme a santa Cristina, santa Oliva e santa Ninfa, e santa Rosalia, protegge la città dalla nicchia della facciata est dei Quattro Canti in Piazza Vigliena. All’incrocio tra via Maqueda e il Cassaro, oggi via Vittorio Emanuele, protegge il quartiere della Kalsa, l’ attuale mandamento Tribunali.

La raffigurazione marmorea non è la sola testimonianza della Sua presenza in città.

I palermitani le hanno dedicato la Chiesa di  Sant’Agata alla Guilla, eretta tra il XII e il XIII secolo, dove secondo la tradizione sarebbero stati i resti della villa romana in cui Sant’Agata sarebbe vissuta.  Alcuni sostengono che sia nata lì, altri che vi giunse dopo la nascita. 

A Lei erano dedicate altre due chiese:

La Chiesa di Sant’Agatuzza dei Carèri, in via Castro, distrutta dai bombardamenti del 1943, e Sant’Agata alle Mura, alle spalle del Teatro Massimo, abbattuta nel 1870 per costruire il Teatro, conosciuta anche come ‘Sant’ Agata li Scorrugi’, per gli ex voto che erano ciotole in argento a forma di mammella, in dialetto ‘scurruie’. Memoria del martirio che la Santa dovette subire, e pare che in questa chiesa si trovasse un pozzo con dell’acqua dal gusto di latte.

Chiesa di Sant’Agata alla Guilla

In quanto alla chiesa di Sant’Agatuzza de’ Careri, la denominazione ricorda che Sant’Agata sarebbe stata una brava ricamatrice come nella tradizione femminile di quegli anni, lo storico Giuseppe Pitrè in Spettacoli e feste popolari siciliane,  narra che  “Il giorno sacro a lei, le nostre carèri o tessitrici fanno il viaggio fino alla sua chiesa fuori la porta Sant’Agata. Per antico costume sogliono colà raccogliersi i venditori di pastinache (sorta di grandi carote), delle quali un tempo si facea tanto consumo in Palermo.”

A Catania per il martirio

La antica porta di Sant’Agata,  tra la via Cesare Battisti e Corso Tukory, prende il Suo nome perchè da quell’area, giovane fanciulla, sarebbe passata nell’anno 253 per essere portata a Catania e sottoposta al martirio.

La Pedata

Spinta dagli uomini  del prefetto romano Quinziano che l’ avevano presa prigioniera, per legare i lacci del sandalo lungo il percorso, avrebbe appoggiato il piede su di una pietra calcarea e lì l’orma miracolosa sarebbe rimasta impressa.  La Pedata è custodita nella chiesa omonima, in un piccolo altare, simbolo del potere della  purezza sulla dura violenza. Agata in effetti stava tentando di sfuggire alle pretese del proconsole che la voleva per sé. Era nel periodo in cui, dal 230 al 251, il governo Romano combatteva il cristianesimo e, data la sua resistenza, la fanciulla Agata venne denunciata come cristiana e morì per le torture subite, l’asportazione dei seni con tenaglie e il rogo sui carboni ardenti. Il rogo però non riuscì a bruciare il suo velo rosso che l’anno successivo i catanesi portarono in processione per scongiurare il pericolo provocato dall’eruzione dell’Etna.

Parrocchia S.Agata La Pedata

Le memoria di Sant’Agata

Di sant’Agata esiste un’altra reliquia, del suo avambraccio, che è custodita nella Cattedrale di Palermo.

Ed ancora, al Museo Diocesano si trova un fercolo in legno intagliato, risalente al 1680,  con su dipinta la scena del Genio di Palermo che battezza Sant’Agata. Il Genio è sorta di divinità pagana, un simbolo proprio di Palermo.  Sarebbe stata la prova della nascita a Palermo della Santa!

E siccome la Sicilia celebra dolcemente i suoi Santi, rimangono i famosi dolci ‘minne di Vergine‘, di cui scrive Tomasi di Lampedusa, una creazione delle suore in memoria del martirio della santa e i dolcetti di pasta di mandorla chiamati ‘olivette di Sant’Agata’.

Prof.ssa Mariolina Frisella, Dama del Priorato di Palermo

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